Grazie alle cellule staminali è stato ottenuto in provetta il primo embrione impiantabile, ovvero un ammasso cellulare in 3D che imita la primissima fase di sviluppo chiamata blastocisti. Trasferito nell’utero di una femmina di topo in cui era stata simulata la gravidanza, l’embrione ha dimostrato di continuare a svilupparsi, aprendo nuovi scenari per lo studio dell’infertilità e per la medicina rigenerativa, come indica la ricerca pubblicata sulla rivista Stem Cell Reports dai ricercatori giapponesi dell’Istituto Riken insieme agli statunitensi dei Gladstone Institutes.
Il risultato raggiunto grazie a questa collaborazione internazionale rappresenta un passo avanti verso la produzione di cellule staminali totipotenti, capaci cioè di differenziarsi in ogni tipo di tessuto e per questo considerate il Sacro Graal della medicina rigenerativa.
Presenti solo nelle primissime fasi successive alla fecondazione della cellule uovo, nel precursore della blastocisti, le cellule staminali totipotenti non sono mai state ottenute in laboratorio con la riprogrammazione di cellule adulte (ad esempio quelle della pelle), perché le ‘ricette molecolari’ finora disponibili permettono di riportare indietro le lancette solo fino allo stadio di staminali pluripotenti, capaci cioè di differenziarsi in molti, ma non tutti i tipi di tessuti. Gli studi su queste cellule avevano portato il conferimento del Nobel per la Medicina al giapponese Shinya Yamanaka e al britannico John Gurdon.
Grazie a nuovi ‘ingredienti? individuati negli embrioni naturali di topo, invece, i ricercatori statunitensi e giapponesi sono riusciti a sviluppare delle blastocisti artificiali che, prima di raggiungere la completa maturazione, presentano cellule con accesi alcuni geni della totipotenza. Un primo segnale che dimostra di aver intrapreso la strada giusta.