Il leader leghista da Peschici detta la linea dei pieni poteri anche sui conti pubblici: "Garantirò diritto alla pensione e taglio delle tasse". Il M5s lo accusa di voler portare l'indebitamento fino al 3,5%. Borghi conferma i piani del Carroccio: "Dopo il voto c'è tutto il tempo per fare la legge di bilancio". Mentre l'agenzia Fitch avverte sui rischi per la tenuta del Paese "se il futuro governo non rispetterà i vincoli europei"
Non c’è solo la giustizia nel mirino del vicepremier Matteo Salvini. Il leader leghista detta la linea dei pieni poteri anche sui conti pubblici. Dalla Puglia l’avvertimento durante il comizio di Peschici: “Abbiamo smontato la legge Fornero. Il prossimo governo garantirà, dopo 41 anni di lavoro, la pensione, perché è un sacrosanto diritto. Diritto alla pensione, taglio delle tasse a lavoratori e imprenditori. Queste sono misure e non distribuire per Peschici redditi di cittadinanza. L’obiettivo è il 15% di tasse per tanti italiani. Se l’Europa ce lo fa fare bene, altrimenti lo facciamo lo stesso”. Insomma, la flat tax sarà la prima priorità del Salvini premier, pronto a presentare la sua manovra in deficit anche a dispetto dei mercati e delle richieste di Bruxelles. Nonostante l’avvertimento arrivato dall’agenzia di rating Fitch che ha sottolineato i rischi per la tenuta del Paese se “il futuro governo dovesse optare per un disimpegno dalle regole di bilancio della Ue e se si assumesse rischi sul fronte della stabilità dei mercati finanziari”.
Per riuscirci però, dovrà prima vincere la partita alle urne e poi chiudere la manovraentro il 31 dicembre, ovvero nel giro di poche settimana. Una legge di bilancio che rischia di diventare ostaggio della campagna elettorale e soprattutto dei tempi del voto. Con il Pd che accusa la Lega di essere scappata proprio per non affrontare la manovra e il Movimento 5 stelle che punta il dito contro l’ex alleato che avrebbe avuto nel cassetto un progetto ‘scassa conti’ e si renderà responsabile dell’aumento dell’Iva. Il Carroccio però tira dritto, convinto di riuscire a non far scattare la clausola di salvaguardia da 23 miliardi di euro e ottenere dall’Europa maggiore flessibilità.
Il piano leghista, attacca il M5s, era quello di fare lievitare l’indebitamento fino al 3,5%, sfondando il tetto delle regole europee: proprio di fronte alle possibili resistenze del Colle e di Giovanni Tria, raccontano, Salvini ha prima chiesto la testa del ministro dell’Economia e poi “ha deciso di tentare di gestire in proprio la prossima manovra imponendo un suo uomo fidato al Mef”. Che la Lega sia pronta lo ha ribadito anche l’attuale presidente della commissione Bilancio, Claudio Borghi: “La bufala più ridicola è che Salvini ha fatto cadere il governo per non fare la legge di bilancio. Guardate che se si sfiducia ad agosto invece che a settembre è proprio perché vogliamo fare la legge di bilancio. C’è tutto il tempo. La storia è piena di governi partiti dopo ottobre”. Un tweet che, secondo quanto hanno riferito fonti all’Ansa, ha sollevato ilarità dei Cinquestelle che immaginano “una manovra di Borghi, con il deficit” alle stelle e i debiti “pagati in minibot“.
La manovra leghista, fanno sapere sempre i 5S, vale “32-34 miliardi“, tra clausole Iva (23 miliardi), spese indifferibili (4-5 miliardi) e flat tax (5-6 miliardi, al netto del taglio degli 80 euro del bonus Renzi). Partendo da un indebitamento per il 2020 all’1,8%, con stima di crescita allo 0,7%, la manovra tutta in deficit porterebbe il rapporto con il Pil 3,5%. Un livello che rischierebbe di innescare un’altra spirale negativa sui mercati, già in rosso – con lo spread che ha chiuso a 240 punti e i rendimenti schizzati all’1,82% – dopo la crisi che lo stesso Matteo Salvini ha evocato chiedendo di andare presto al voto. Senza contare che un nuovo scontro con Bruxelles penalizzerebbe ulteriormente l’Italia agli occhi degli investitori.
Proprio quello che stavano cercando di evitare il premier Conte e il ministro Tria, per il momento ancora al suo posto a via XX Settembre. Il lavoro preparatorio della manovra non era che all’inizio, come ha spiegato lo stesso titolare del Mef nei tre incontri con le parti sociali delle scorse settimane, seduto a fianco al premier Giuseppe Conte e al vicepremier Luigi Di Maio. Entrambi a predicare, in sintonia con il ministro, cautela sulla gestione dei conti, mentre dall’altro lato Salvini, incontrando sempre sindacati e imprese, invocava manovre coraggiose e in deficit, grazie appunto a una nuova flessibilità da trattare con Bruxelles.
Chiunque prenderà in mano le redini della finanza pubblica dovrà comunque ripartire dall’aggiornamento del quadro dopo la correzione da quasi 8 miliardi di fine giugno. Prima di tutto andrà votato anche dalla Camera l’assestamento di bilancio. Poi a metà settembre, come previsto dal Salva-conti, andranno certificati gli effettivi risparmi di reddito di cittadinanza e quota 100, che potrebbero essere superiori al miliardo e mezzo per ora accantonato dalle spese dei ministeri. A quel punto, secondo i calcoli dell’Upb, il deficit tendenziale per il 2020 dovrebbe partire dall’1,7%. E solo sterilizzare gli aumenti Iva con l’indebitamento lo porterebbe pericolosamente vicino al 3 per cento. Il disegno di legge di bilancio va presentato alle Camere entro il 20 ottobre (tale termine segue il 15 ottobre, scadenza per la presentazione in sede europea del progetto di documento programmatico di bilancio) ed entro il 31 dicembre le Camere devono approvare la manovra triennale di finanza pubblica.