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Turchia, ministero della Pubblica Istruzione: “Abbiamo distrutto oltre 300mila libri”. Volumi considerati vicini a Fethullah Gülen

L'annuncio è solo l'ultimo in una campagna contro il dissenso interno intensificatasi dopo il fallito colpo di Stato del 2016. Il presidente Recep Tayyip Erdogan considera il religioso musulmano in esilio negli Stati Uniti la mente dietro il tentato golpe

Dal tentativo di colpo di Stato del luglio 2016, gli arresti e le censure attuati dal governo turco di Recep Tayyip Erdogan non si sono fermati. Oltre agli oppositori politici e ai giornalisti dissidenti, anche i libri sono finiti sotto osservazione della censura. La scorsa settimana, il ministro della Pubblica Istruzione turco, Ziya Selçuk, ha annunciato che nell’arco degli ultimi tre anni sono stati distrutti 301.878 libri: dopo essere stati asportati dagli scaffali di scuole e biblioteche, tutti i volumi considerati legati a Fethullah Gülen, il religioso musulmano ex alleato del Sultano e oggi acerrimo nemico accusato di essere la mente dietro al fallito golpe, sono stati tolti dalla circolazione.

La cifra è stata riportata per la prima volta dal quotidiano Hürriyet, con le immagini dei libri sequestrati che, secondo alcune fonti, sono stati successivamente bruciati. Secondo il sito web Turkey Purge, che si descrive come “un piccolo gruppo di giovani giornalisti che stanno cercando di essere la voce per i turchi che soffrono sotto un regime oppressivo”, nel 2016 si è arrivati a bandire un libro di matematica che in un quesito, tra gli esercizi, riportava la dicitura “dal punto F al punto G”. Per i censori, un inequivocabile riferimento alle iniziali di Gülen.

Nel dicembre 2016, invece, il quotidiano turco BirGun ha riportato che 1,8 milioni di libri di testo sono stati distrutti e quindi ristampati perché contenevano la parola Pennsylvania, lo stato americano nel quale Gulen si è rifugiato. Non è tutto. Il Pen Club, in un rapporto datato 2018, sostiene che all’indomani del colpo di stato 200 media hanno dovuto cessare l’attività, 80 giornalisti sono stati indagati e perseguiti e 5.822 accademici banditi da 118 università pubbliche. Numeri che li hanno portati a chiedere alla Turchia di riaprire le case editrici indipendenti e non proseguire nella politica di repressione.

Giornalisti come Sahin Alpay, Nazli Ilicak o la scrittrice Asli Erdogan, sono stati arrestati. Come il romanziere Ahmet Altan e suo fratello Mehmet Altan, scrittore e professore di economia all’Università di Istanbul. Lunghissimo l’elenco di chi è finito in carcere, al quale vanno aggiunti quelli che, per evitare sorte peggiore, hanno trovato rifugio in altri Paesi.