I furgoni killer circolano ancora nelle campagne del Foggiano. A un anno dalla strage dei migranti – in 12 morirono vicino a Lesina – sfruttati per la raccolta dei pomodori e delle angurie, i braccianti vengono ancora accompagnati illegalmente nei campi. I mezzi hanno sempre lo stesso aspetto: le panche in legno al posto dei sedili, le porte laterali saldate. La stretta dei carabinieri è nei numeri: 50 mezzi sequestrati dalla primavera, 350 lavoratori controllati, cinquanta dei quali non in regola, 350 aziende passate al setaccio con una ventina di situazioni gravemente irregolari registrate.
1 /27 Uno dei furgoni killer sequestrati dai carabinieri nel Foggiano
Le condizioni del trasporto per andare al lavoro sono plasticamente immortalate dalle foto scattate dagli uomini del comandante Marco Aquilio: “Oggi sono più guardinghi, spesso vengono lasciati lontani dalle aziende per evitare problemi – spiega Aquilio a Ilfattoquotidiano.it – I furgoni stanno diventando più rari, spesso vengono caricati in 7-8 nelle auto. Il problema resta, per questo stiamo lavorando anche con le associazioni degli agricoltori”.
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“Ci tengo a dire che su 350 aziende controllate dall’inizio dell’anno, in una ventina di casi abbiamo riscontrato violazioni gravi. Vuol dire che molti lavorano in maniera regolare. La nostra non è una caccia alle streghe, i controlli servono”, aggiunge Aquilio. Sono stati due, invece, gli imprenditori arrestati per sfruttamento nel 2019. A fine giugno, il blitz – nato dopo un esposto della Flai-Cgil – in un’azienda agricola ha permesso di scoprire un mini-ghetto nel quale vivevano, tra muffa e sporcizia, oltre 10 braccianti. Alla società è stato applicato il controllo amministrativo-giudiziario, previsto dalla legge anti-caporalato del 2016.
“Una vera svolta. È la linea da seguire – dice Aquilio – I 12 clandestini che abbiamo trovato in quel blitz ora lavorano tutti con regolare contratto nazionale. Nelle prossime operazioni non scapperanno più. La conoscenza e l’applicazione di questo strumento incentiva anche le denunce. Così si contrasta davvero il caporalato”. L’azienda irregolare è passata nelle mani di un amministratore di fiducia, nominato dal Tribunale, che gestirà la ditta fino alla totale messa in regola salvaguardando nel frattempo i posti di lavoro pre-esistenti e la regolarizzazione di chi lavorava in nero.