Lo studio è stato redatto da un gruppo di ricerca dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). I risultati hanno una forte correlazione anche con il disboscamento delle foreste pluviali. Sarà il contributo scientifico fondamentale per i prossimi negoziati sul clima e l’ambiente
“Alcune scelte alimentari richiedono più suolo e più acqua, e causano maggiori emissioni di gas serra di altri”. A dirlo è Debra Roberts, co-presidente di un gruppo di ricerca dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il foro scientifico delle Nazioni Unite. In un rapporto sul clima e territorio citato da Nature pubblicato l’8 agosto dagli esperti viene messo in luce come una dieta vegetale, o una con un ridotto consumo di carne, potrebbero essere una scelta fondamentale per la salvaguardia dell’ambiente. Gli esperti spiegano, inoltre, che un ruolo fondamentale in tal senso lo dovrebbe svolgere la politica, organizzandosi per incentivare le diete sostenibili e la riduzione delle opere di deforestazione, mentre sperano che il lor lavoro possa aumentare la sensibilità delle persone nei confronti del problema.
“Diete bilanciate che si fondano su alimenti a base vegetale, come cereali integrali, legumi, frutta e verdura, e cibo di origine animale che siano prodotti in maniera sostenibile, con sistemi a basse emissioni di gas responsabili dell’ effetto serra – scrivono gli scienziati – forniscono maggiori probabilità di limitare i cambiamenti climatici e sviluppare un percorso di adattamento”. Le mucche infatti producono anche una grande quantità di metano, un potente gas serra, mentre digeriscono il loro cibo. Hans-Otto Pörtner, un ecologo che co-presiede il gruppo di lavoro dell’IPCC, specifica che non si tratta di “dire alla gente che cosa deve mangiare”, ma spiega che “sarebbe davvero vantaggioso, sia per il clima che per la salute umana, se le persone in molti paesi ricchi consumassero meno carne”.
Gli studi in questione hanno una forte correlazione con le sorte delle foreste pluviali, per esempio quella dell’Amazzonia, che sono “un enorme pozzo di carbonio che agisce per raffreddare la temperatura globale”. Il disboscamento scriteriato della regione amazzonica è una delle maggiori cause di desertificazione.”La politica dovrebbe creare incentivi adeguati in tal senso”, ha concluso lo studioso, sia in riferimento alla riduzione dell’alimentazione carnivora che al contenimento delle opere di deforestazione. “Il più grande ostacolo che dobbiamo affrontare è cercare di insegnare a circa mezzo miliardo di agricoltori in tutto il mondo a rielaborare il loro modello agricolo per essere sensibili al carbonio”, ha aggiunto Andre Laperrière, il direttore esecutivo di Global Open Data for Agriculture and Nutrition di Oxford.
Il rapporto “Cambiamenti climatici e territorio” è stato redatto a Ginevra dall’istituzione mondiale per la valutazione dello stato della conoscenza scientifica sui cambiamenti climatici, gli impatti e i potenziali rischi futuri. Si tratta di quello che sarà il contributo scientifico fondamentale per i prossimi negoziati sul clima e l’ambiente, come la Conferenza delle Parti della Convenzione ONU per combattere la desertificazione che si terrà a New Delhi a settembre (COP14) e la Conferenza della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP25) che avrà luogo a Santiago del Cile a dicembre.