La crisi di governo innescata da Matteo Salvini non blocca solo la revoca delle concessioni ad Autostrade, la tanto invocata riforma della giustizia, le norme su Whirpool e i rider. C’è un altro dossier, a una prima occhiata meno incandescente, che di fatto resterà lì congelato. Anche molto a lungo se alle prossime elezioni il segretario leghista dovesse conquistare Palazzo Chigi e quindi la maggioranza in Parlamento. Ed è l’iter avviato dalla procura di Milano per chiedere il sequestro di due computer di Armando Siri, il senatore leghista già sottosegretario dei Trasporti costretto alle dimissioni perché indagato per corruzione. I pm cercano informazioni su una seconda inchiesta che riguarda Siri, quella che riguarda i mutui ottenuti dalla Banca agricola di San Marino senza garanzie: l’ex sottosegretario è indagato per concorso in autoriciclaggio aggravato insieme al capo della segreteria, Marco Luca Perini.
I pm cercano informazioni su quei mutui. Ma i pc del senatore potrebbero contenere altro. Magari qualcosa che non c’entra direttamente con le inchieste giudiziarie. L’ex sottosegretario è l’uomo che è stato il ponte tra la Lega e i sovranisti americani, in particolare Steve Bannon. “Siri? Uno dei più grandi pensatori d’Europa”, lo ha definito l’uomo nero che ha portato Donald Trump alla Casa bianca in un’intervista a Sette del Corriere della Sera.
Secondo l’Agi nel marzo del 2018 è proprio Siri che ospita un incontro – sempre smentito dai protagonisti – tra Bannon, stratega del populismo a stelle e strisce, e Salvini. Lo fa mettendo a disposizione i suoi ufficio al numero 5 di via Monte Santo a Milano. Sono gli uffici della sua associazione, la Spazio Pin che risulta anche tra gli enti collegati alla scuola di Formazione Politica della Lega. Si tratta degli stessi uffici in cui il 29 luglio scorso arrivano gli uomini della Guardia di finanza per una perquisizione. Il giorno dopo, i pm di Milano Gaetano Ruta e Sergio Spadaro hanno spedito al Senato una richiesta di autorizzazione a procedere per poter accedere ai computer del parlamentare. Quando i militari della Guardia di finanza sono arrivati in viale Monte Santo 5, infatti, Perini ha spiegato che in quei locali c’era l’ufficio di Siri e sulla scrivania c’era un pc “marca Dell modello Optiplex 790, sprovvisto di numero di serie e con all’interno un hard disk SSd”. Nella stessa stanza un altro pc non utilizzato, ma che è stato aggiunto al verbale. Gli investigatori hanno quindi dovuto interrompere la perquisizione, come previsto per legge nei confronti di un membro del Parlamento. Anche perché nel frattempo Siri arrivato sul posto ha rivendicato sia l’uso dell’ufficio sia quello del computer. Diventato di fatto inaccessibile.
Perché l’ex senatore non voleva che gli investigatori ficcassero il naso dentro ai suoi computer? Cosa c’è dentro quei pc? Gli inquirenti cosa possono trovarci dentro? La risposta rischia di rimanere sospesa a lungo proprio per effetto della scelta di Salvini di far saltare il governo Conte. Il 6 agosto la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha esaminato la domanda di autorizzazione a eseguire il sequestro del pc. A Siri è stato assegnato tempo fino al 30 agosto per presentare memorie difensive. Solo che nel frattempo Salvini ha tolto l’appoggio al governo: è l’iter per sequestrare il computer di Siri si è bloccato. Nel frattempo i pc sono rimasti all’ex sottosegretario, che aveva dovuto abbandorare il governo Conte già ad aprile. Il motivo? È indagato per corruzione nella stessa inchiesta che ha portato all’arresto di Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia e socio occulto di Vito Nicastri, considerato tra i finanziatori del boss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. Dentro a quei pc, può esserci materiale su Arata e Nicastri? Può esserci traccia della presunta mazzetta da 30mila euro che sarebbe stata sganciata da Arata per far approvare un emendamento per il mini eolico? Mistero.
Di sicuro c’è solo che oltre al caso Arata, Siri è finito nel registro degli indagati per concorso in autoriciclaggio aggravato per aver ottenuto la concessione di due mutui dalla Banca Agricola di San Marino “in assenza di garanzie reali e di adeguate garanzie personali”. Ideologo della flat tax presente agli incontri “paralleli” del vicepremier con le parti sociali, in passato ha patteggiato una condanna per bancarotta e questo poteva essere d’ostacolo alla concessione del mutuo. Con parte di quei soldi – 584mila euro – è stata acquistata poi una palazzina a Bresso (Milano) del “valore di 97mila euro” destinata alla figlia 24enne di Siri, studentessa universitaria.
I pm hanno chiesto il sequestro di entrambi i computer per verificare la presenza di elementi “costituenti corpo del reato di autoriciclaggio”: atti e documenti relativi “ai due finanziamenti, in particolare atti che documentino passaggi formali, nonché documenti che contengano tracce di rapporti e accordi non riversati in forma ufficiale, che diano evidenza di rapporti, conversazioni e scambi di informazioni con i soggetti coinvolti nelle operazioni, tanto sul lato sammarinese quanto sul lato italiano, o comunque che abbiano ad oggetto le operazioni descritte”. La richiesta del sequestro è partita dopo il blitz delle Fiamme gialle della società immobiliare Tf holding, di proprietà di due baristi di Rogoredo, legati a Siri e beneficiari, come lui, di un finanziamento della Banca Agricola di San Marino. Ma non solo. Nella richiesta di sequestro si legge: “Il contratto di acquisto è stato concluso nel gennaio 2019 a nome della figlia del senatore Siri, la quale ha rilasciato contestualmente una procura irrevocabile a vendere a favore del padre… “.
La Banca di San Marino ha concesso un altro finanziamento anomalo: 600mila euro alla Tf Holding, società di proprietà di due baristi che gestiscono altrettanti locali alla fermata della metropolitana di Rogoredo. I due vengono introdotti al direttore generale proprio dal capo da Perini. In cambio danno come garanzia uno dei due bar, che risulta però già ipotecato da un’altra banca. A capo della Tf Holding c’è il barista-immobiliarista Fiore Turchiarulo, 7.500.euro di dichiarazione dei redditi all’anno, che in passato si era candidato per il partito Italia Nuova di cui Siri era presidente. Ma per aprire e vedere cosa c’è dentro i computer, qualsiasi cosa ci sia, ci potrebbe volere molto tempo. Anche intere legislature.