Diritti

Open Arms, il Viminale attacca il Garante nazionale. Cinque motivi per cui non può farlo

Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale è, come dice il nome stesso, una figura di garanzia. E le garanzie sono quanto di meno gradito a ogni pensiero illiberale, tanto più quando esso aspira a trasformarsi in potere effettivo.

Il Garante nazionale è stato attaccato dal Viminale con la crudezza alla quale ci ha abituati. Per aver svolto il proprio legittimo ruolo e aver chiesto informazioni a tutela delle persone private di fatto della libertà personale sulla nave di Open Arms (non possono scendere: perfino Salvini dovrà convenire su un dato tanto banale), si è sentito dire – non al baretto sotto casa da un passante ignorante dei meccanismi pubblici, ma da uno scranno governativo – di farsi i fatti suoi e piuttosto di pubblicare il suo stipendio.

Giusto per fare chiarezza:

1. Il Garante nazionale, che in questi anni ha svolto un lavoro eccezionale, è un organo collegiale composto da un presidente e due membri. Disquisire attorno alla cifra percepita dalle tre persone coinvolte – che sappiamo essere del tutto ragionevole – in cambio della loro incessante attività (visite continue e faticose a carceri, caserme, centri per migranti, voli di rimpatrio, strutture dove si eseguono trattamenti sanitari obbligatori, residenze per anziani, con contestuale produzione di dettagliatissimi report pubblicamente accessibili sul sito del Garante) è il segno della solita fanghiglia populista;

2. Il Garante è un organismo che in buona parte risponde a una richiesta delle Nazioni Unite ed è a loro che deve rendere conto, non al Ministero dell’Interno;

3. Il Garante è una figura a garanzia di tutti. Sembra scontato e inutile affermarlo, ma nulla più appare oggi come inutile o scontato. Il Garante è intervenuto a tutela dei migranti privati della libertà in una barca così come di Marcello Dell’Utri privato della libertà in un carcere e gravemente malato. Non sceglie le situazioni nelle quali intervenire in base al proprio capriccio bensì alle possibilità oggettive di mancato rispetto dei diritti delle persone;

4. Il Garante non è del Pd, così come oggi qualche giornale ha scritto. Il Garante non risponde ad alcuna parte politica. Il Garante è nominato dal Presidente della Repubblica, proprio in quanto sopra le parti e garanzia per ciascuno di noi nell’amara eventualità di vederci privata la nostra libertà personale. Tante volte nella storia italiana abbiamo assistito a nomine effettuate sulla base di spartizioni politiche e manuale Cencelli, ma questa volta tutt’altro: il presidente del collegio del Garante, Mauro Palma, ha ricoperto per anni alti incarichi internazionali sul tema della tortura e delle privazione della libertà, risultando uno dei massimi esperti in Europa;

5. Il Garante, come si è detto, non interviene nelle varie situazioni seguendo le proprie inclinazioni personali o la propria sensibilità, bensì nello spazio disegnato da tutto il complesso apparato di norme che regolamenta, a livello nazionale e sovranazionale, il modello di privazione della libertà rispettoso dei diritti umani. Quando il Garante richiede informazioni sulle persone trattenute a bordo di una nave o in altre circostanze, si rifà – in rigorosa punta di diritto – al rispetto o al mancato rispetto dei principi sanciti da Convenzioni internazionali alle quali l’Italia ha aderito, al rispetto o al mancato rispetto di norme dello Stato italiano in maniera di diritti umani, al rispetto o al mancato rispetto di standard affermati dalla giurisprudenza, citandoli in maniera puntuale e portando ogni riferimento normativo.

Il Garante non è una testa calda che fa il tifo per qualcuno contro qualcun altro e cui si può rispondere con uno slogan o con una frase offensiva: al Garante, in una società democratica, si risponde portando evidenza del fatto che l’autorità pubblica, nella situazione in oggetto, sta rispettando i diritti e la dignità di tutti. Questo si chiama stato di diritto. Quando invece la pubblica autorità si sente immune dal rispetto delle regole e sbeffeggia un organismo di garanzia irridendo la legalità e ostentando abusi di potere, allora si crea la cesura. È il punto di non ritorno. Bisogna scegliere se stare da una parte o da quell’altra.

Ricordo quando scoppiò il conflitto in Bosnia e sentivo le storie di chi raccontava che solo fino a pochi giorni prima era amico intimo del vicino di casa e pochi giorni dopo erano disposti a qualsiasi cosa l’uno contro l’altro. Non capivo, non riuscivo a crederci, a figurarmelo. Adesso lo stiamo cominciando a vivere anche in Italia. Come Antigone, faremo un esposto alle Nazioni Unite su quanto è accaduto in queste ore e sul tentativo di delegittimazione del Garante nazionale. Ma siamo prigionieri di un drammatico circolo vizioso: un esposto alle Nazioni Unite ha un senso solo per chi crede nel rispetto delle regole. Salvini ha smesso da tempo di giocare quella sana e democratica partita a scacchi che dovrebbe essere la politica. Salvini ha dato un calcio alla scacchiera. Purtroppo, è la scacchiera delle nostre vite e della sopravvivenza democratica del nostro Paese.