Giuseppe Irranca contesta l'assenza di luci e corrimano che poi sono stati installati sulle scale dove Raimonda Asole Marcialis perse l'equilibrio: "Tutto nel silenzio, come se niente fosse e senza che mai il teatro chiudesse"
“Doveva essere un giorno di festa per me e la mia famiglia, invece è stato l’inizio della nostra tragedia”. Giuseppe Irranca ripercorre con il ricordo la domenica di due anni fa in cui ha perso la compagna Raimonda Asole Marcialis, 45 anni, morta dopo essere caduta dalle scale del Teatro Civico di Alghero al termine del saggio di musica della loro bimba Giada.
Era il 18 giugno 2017: entrata subito in coma, Raimonda si spegneva pochi giorni dopo, il 21 giugno, con la diagnosi di “trauma cranico”. Ora, a due anni di distanza, per quella che a molti era parsa una tragica fatalità ci sono due rinvii a giudizio per omicidio colposo. E ancora tanti punti interrogativi da chiarire nelle aule del Tribunale di Sassari, dove a partire dal 13 settembre inizierà il dibattimento che dovrà spiegare perché l’antica struttura era priva di dotazioni minime di sicurezza come corrimano, antiscivolo e segnali luminosi lungo la discesa delle scale.
A comparire davanti al giudice monocratico Valentina Nuvoli, al termine dell’udienza preliminare del gup Antonello Spanu, saranno il direttore della Fondazione Alghero, Paolo Sirena e il tecnico a cui la stessa Fondazione aveva affidato la gestione del servizio antincendio e dell’impianto luci del teatro, Antonio Luciano Sisto. Il Teatro civico di Alghero, risalente alla seconda metà dell’800, mantiene ancora la struttura portante interamente realizzata in legno. Questo ne fa un bene storico protetto e sottoposto a speciali vincoli di conservazione e manutenzione. L’ultima ristrutturazione, con la messa in sicurezza antincendio per un importo pari a 98mila euro, risale al febbraio 2017, pochi mesi prima della morte di Raimonda Asole. In quell’occasione però non ci fu l’installazione dei corrimano, comparsi invece dopo la tragedia. Ecco perché ora Giuseppe Irranca rompendo un silenzio di oltre due anni dice: “Quel teatro non doveva essere riaperto in quelle condizioni”.
“Questa vicenda”, prosegue “è stata messa in sordina per troppo tempo. Ora però è giusto fare piena luce su tutti gli aspetti e su tutte le responsabilità, a partire da quelle che coinvolgono il titolare della struttura del Teatro, ovvero l’amministrazione comunale. Ho piena fiducia nella magistratura, mi auguro che durante lo svolgimento del processo si trovino le risposte ai tanti perché che ancora rimangono inevasi”.
Irranca ricostruisce ancora una volta la dinamica dell’accaduto, come già fatto tante volte davanti agli inquirenti: “Quel giorno in teatro c’eravamo tutti: mio padre e mia madre seduti nella loggia al primo piano accanto a mia moglie, mentre io che ho l’hobby della fotografia stavo dalla parte opposta, in modo da inquadrare sia loro che il palco. Non sapevo che quelle fotografie sarebbero state le ultime per Raimonda”. “Tutto si è svolto regolarmente – prosegue- fino alla fine dello spettacolo, quando è iniziato il deflusso. Mi apprestavo a scendere dalla loggia per raggiungere i miei quando ad un tratto ho sentito delle urla. Non capivo, poi qualcuno mi ha detto “Tua moglie! Tua moglie!”.“Raimonda è caduta dalla sommità delle scale che davano verso l’uscita del Teatro. Mia madre che era al suo fianco l’ha vista mentre con le braccia tentava di tenersi da qualche parte ma inutilmente perché non c’era nessun appiglio. È andata a sbattere la testa sul muro, poi è caduta sugli ultimi cinque gradini di spalle, battendo la testa nella paste posteriore, con un rumore sordo. Quando sono arrivato io l’avevano già stesa su un fianco, ai piedi delle scale, in modo che non soffocasse. Mi dicevano che stava vomitando il pranzo, ma si capiva benissimo che quello era sangue”. Poi l’intervento del 118 e l’inizio delle indagini successivamente.
È sull’accidentalità o meno della caduta che si concentra il nucleo centrale del dibattimento. Irranca non solo esclude l’ipotesi del caso fortuito, ma chiama in causa altri interrogativi: possibile che un locale pubblico potesse essere certificato con scalinate nere al buio, senza le lucine dei gradini e illuminazione sufficiente? Possibile che non fosse previsto un corrimano considerata la conformazione della scalinata con un pianerottolo falso e tutto nero senza alcun contrasto? Possibile che non fossero presenti neanche la strisce antiscivolo? “Ora c’è il corrimano, ci sono i cartelli, gli antiscivolo e del personale dedicato ai piani. Tutto nel silenzio, come se niente fosse e senza che mai il teatro chiudesse. Probabilmente perché chiuderlo sarebbe stata un’ammissione di colpa”.