"No a un esecutivo per fare la manovra - ha detto il segretario al Nazareno - Apriamo la crisi e vediamo con il presidente Mattarella qual è la soluzione migliore per salvare l’Italia". I renziani non mollano l'idea di un governo di scopo, ma negano spaccature nel partito, il capogruppo al Senato: "Linea concordata con la segreteria". Calenda: "Il Pd è finito"
La proposta avanzata da Matteo Renzi di sostenere un esecutivo che possa fare la manovra economica e portare poi il Paese alle elezioni “non è credibile, sarebbe un regalo a una destra pericolosa che tutti vogliono fermare”. Domenica lo aveva detto ai giornali, ora Nicola Zingaretti lo ribadisce tra le mura del Nazareno. Ma i renziani, che lavorando per evitare il voto, rilanciano con Andrea Marcucci: “L’obiettivo di oggi è quello di arrivare a un nuovo governo“, ha detto il capogruppo dem al Senato. La certificazione di una frattura nel partito? Il senatore toscano nega: “Nessuna spaccatura, la linea comunicata in assemblea è stata concordata con la segreteria“.
“Voglio fare un appello all’unità dei democratici del Partito democratico perché sarebbe davvero sbagliato dividerci o dare segnali in questo senso – ha detto in mattinata il leader dem – Significherebbe questo sì, regalare l’Italia alla destra. Invece dovremo combattere. Siamo agli inizi di un percorso istituzionale difficile. Per quanto riguarda ci saranno i luoghi previsti dalle nostre regole per discutere sulle scelte da fare”. “Noi abbiamo detto che non è possibile, non credo sia credibile un’ipotesi che preveda un governo per fare la manovra dalla quale questo governo sta scappando per tornare al voto. Sarebbe un regalo alla destra pericolosa che tutti vogliamo evitare. Apriamo la crisi e vediamo con il presidente Mattarella qual è la soluzione migliore per salvare l’Italia”.
Le posizioni di Renzi e Zingaretti sono distanti, ma per i renziani nel partito non ci sono divisioni. “Ho appena incontrato il segretario Zingaretti e il presidente Gentiloni, non c’è nessuna spaccatura nel Pd, la linea comunicata in assemblea è stata concordata con la segreteria“, ha riferito il capigruppo Dem al Senato Andrea Marcucci , vicino all’ex segretario, parlando al termine della riunione del gruppo a palazzo Madama e prima della conferenza dei capigruppo, iniziata poco dopo le 16. “Verificheremo l’informazione che c’è arrivata di una richiesta del presidente Conte di essere ascoltato in quel caso, ovviamente la Costituzione ci impone di ascoltarlo”, ha spiegato il senatore toscano, che in mattinata ha incontrato Zingaretti al Nazareno.
“Sto andando a una capogruppo delicata, sarebbe una forzatura inaudita convocare domani l’Aula sulla crisi. E’ inaudito e impensabile, servono i tempi necessari”, ha detto quindi Marcucci arrivando alla capigruppo a Palazzo Madama, spiegando che “ci risulta che ci sia una richiesta formale da parte del presidente del Consiglio Conte” di fare le sue comunicazioni. “Per noi si deve partire da lì, poi si aprirà formalmente la crisi“. “L’obiettivo di oggi è quello di arrivare ad un nuovo governo, di che natura dovrà essere, lo vedremo in seguito. La crisi dovrà essere totalmente parlamentarizzata: le comunicazioni di Conte saranno la priorità”, aveva spiegato secondo diverse fonti Marcucci in apertura di assemblea.
Carlo Calenda non si stanca di esternare la propria contrarietà al progetto di Renzi: “Rischia di farsi – ha detto l’ex ministro dello Sviluppo economico a Radio Capital – perché l’impulso all’autopreservazione del ceto politico è gigantesco. E l’ex premier ha bisogno di più tempo per fare il suo partito. Ma così offriremo un’occasione gigantesca a Salvini”. “Il Pd è finito“, ha aggiunto Calenda: “Ci sono due Pd: uno ha i gruppi parlamentari e un altro ha il partito. Nell’ultima direzione ho proposto di creare una segreteria politica in cui la gente si guarda in faccia e prende una decisione comune. I primi a non volerlo sono stati i renziani. Renzi non si siede con nessuno, non prende la telefonata di nessuno e non discute con nessuno. Questa è la verità”.
Nel partito, intanto, si fa strada un’altra ipotesi, un’alternativa tra il voto subito chiesto da Zingaretti e un governo di scopo per fare la manovra invocato da Matteo Renzi: un governo di legislatura che duri almeno tre anni, cioè fino all’elezione del nuovo presidente della Repubblica nel 2022. Un programma con pochi punti, tra cui sicuramente l’abolizione dei decreti sicurezza di Salvini, e un premier che piaccia anche ai Cinquestelle senza esserne diretta emanazione (per ora si fa il nome di Raffaele Cantone). Non a caso a lanciare l’idea-ponte è stato Goffredo Bettini, uno dei consiglieri più ascoltati dal segretario ma con credito anche tra i renziani.
In mattinata Zingaretti ha incontrato al Nazareno Marcucci e, in rappresentanza del presidente dei deputati Graziano Delrio, il segretario d’Aula e membro del consiglio di presidenza della Camera Enrico Borghi. Il colloquio è servito a fare un punto in vista delle riunioni dei capigruppo di Camera e Senato. Delrio non è riuscitoa essere a Roma in tempo per la riunione, che precede l’assemblea di gruppo convocata alle 15 in Senato, ma a quanto si apprende in questi giorni è stato in continuo contatto con il segretario.