Il lavoro come strumento di inclusione sociale e risposta concreta alle aspirazioni delle persone con disabilità. L’obiettivo dovrebbe essere quello, ma in Italia le cose vanno diversamente. Secondo i dati pubblicati dall’Istat e provenienti dall’Indagine sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari, risultano occupati meno del 18% dei disabili in età lavorativa. E nel sud neanche uno su 10 ha un lavoro. Le donne disabili che hanno un’occupazione, poi, sono solo il 10,4% rispetto ad un 24,6% degli uomini disabili. Per cercare di fare qualche passo avanti l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (Uildm) ha lanciato il progetto di inclusione “Plus: Per un lavoro utile e sociale”, che ha vinto il primo bando “unico” previsto dalla riforma del Terzo Settore. Per 50 disabili sono già partiti i percorsi professionali per l’avviamento al lavoro. “Le attività sono state individuate analizzando e valorizzando le caratteristiche della persona, le sue aspirazioni e bisogni, i percorsi personali, le qualifiche ed esperienze professionali, i titoli di studio”, spiega l’Unione. “La formazione pratica per gli altri 30 partecipanti verrà avviata nelle prossime settimane”. Ilfattoquotidiano.it ha contattato quattro persone con disabilità che hanno aderito a PLUS per raccontare come la formazione e l’inserimento lavorativo risultino importanti per la loro qualità di vita e cosa si aspettano una volta terminato il progetto.

Marta Pagni, Lombardia – Marta ha 30 anni e viene da esperienze di consulenza e progettazione educativa. Ha una disabilità motoria e ha svolto la sua formazione pratica per due settimane in Coesi a Bergamo, un centro che si occupa di fornire diversi tipi di servizio alle aziende e soprattutto cooperative. Le sue mansioni erano principalmente di segreteria, sia nell’ambito dei corsi di formazione organizzati da Coesi, sia nell’ambito amministrativo con le buste paga. Era all’interno dell’ufficio progettazione con altri quattro colleghi. “L’impatto è stato positivo. Ho trovato un ambiente aperto e con i colleghi ho legato subito. È stata una bella opportunità per conoscere realtà diverse del Terzo Settore. Una esperienza se pur breve come questa, e in un settore un po’ diverso dal mio percorso di studi (psicopedagogico con particolare attenzione alla disabilità), mi ha permesso di accrescere il mio bagaglio personale e relazionale. Il desiderio è quello di essermi fatta conoscere ed apprezzare, nella prospettiva di una futura chiamata”.

Chiara Cavallotto, Piemonte – Ha svolto il periodo di formazione pratica nella Sezione Uildm di Torino. Sin dal periodo iniziale di formazione teorica desiderava lavorare all’interno dell’associazione per confrontasi con quella che può essere la situazione dei ragazzi con una patologia degenerativa. “Questo argomento mi sta molto a cuore perché un mio familiare molto stretto è affetto da distrofia muscolare. In sezione mi hanno fatto sentire, nonostante fossi una tirocinante, come un’importante risorsa che può contribuire a supportarli nel loro lavoro”. Chiara, 35 anni, una disabilità motoria, laureata in Scienze dello sviluppo infantile, si è occupata della digitalizzazione di alcuni questionari per una campagna di sensibilizzazione su diversità e disabilità nelle scuole. “Gli inserimenti lavorativi per giovani disabili come me sono fondamentali per permetterci di costruire un nostro progetto di vita autonoma che abbia anche delle fondamenta professionali ed economiche”, spiega al Fatto.it. “Spero che questi percorsi aumentino, abbiamo una durata più lunga e riescano a portare verso una stabilizzazione lavorativa”.

Grazia Sposito, Campania – “Svegliarsi al mattino con il suono della sveglia, e sentendo il dovere di dare il meglio di te per gli altri è una delle più grandi opportunità di vita”. Per Grazia, 32enne disabile con diploma di Tecnico informatico, il progetto contribuisce a “fare un passo in più verso il progresso di una società sempre più inclusiva, dando allo stesso tempo a ciascun individuo normodotato e non gli strumenti giusti per poter fare della propria vita ciò che si è sempre sognato fin da bambini”. Sta svolgendo il tirocinio presso il Comune di Marcianise, provincia di Caserta, nell’Ufficio Servizi Sociali. “In futuro mi auguro di continuare nel settore riguardante l’ambito sociale, per dare voce a chi è prigioniero del silenzio, delle fragilità e delle proprie paure”.

Giovanni De Luca, Campania – Giovanni ha 37 anni, un diploma di maestro d’arte e la distrofia dei cingoli. L’azienda dove lavora è la Da Dif Consulting, società che si occupa di formazione professionale e consulenza alle imprese e si è specializzata nel settore delle risorse umane, diventando un’agenzia di ricerca e selezione e accreditandosi anche come operatore sul programma Garanzia Giovani. Giovanni fa un lavoro d’ufficio come addetto alla creazione di dispense che poi verranno immesse in una piattaforma multimediale di formazione a distanza. Spera che questa esperienza di lavoro continui. “Bisogna mettere le persone con disabilità nelle giuste condizioni di poter fare e quindi dimostrare le proprie potenzialità all’interno dei più svariati contesti lavorativi. Penso che questa sia la più grande libertà-inclusione che una società civile possa avere”.

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