Economia

Germania, nel secondo trimestre pil a -0,1%: pesa il calo dell’export. Ministro Economia: “Sgravi fiscali a famiglie e imprese”

Il dato conferma le attese: pesa il calo dell’export. Se la tendenza continuerà anche nel periodo luglio-settembre il Paese entrerà in recessione tecnica. Anche l'Eurozona rallenta: +0,2%. Michael Hüther, direttore dell'Institut der deutschen Wirtschaft: "Ora Berlino investa 450 miliardi in dieci anni in infrastrutture, ha spazio di manovra". Il governo Merkel punta sull'abolizione della sovrattassa di solidarietà per l'unificazione

L’economia tedesca, come da attese, nel secondo trimestre dell’anno ha rallentato. Stando ai dati diffusi dall’istituto di statistica di Berlino, il pil della Germania ha registrato una contrazione congiunturale dello 0,1% dopo il +0,4 del primo trimestre. “In buona sostanza, l’economia tedesca si trascina sull’orlo della recessione”, spiega a Reuters Andrew Kenningham di Capital Economics, osservando che gli esportatori subirebbero un colpo ancor più forte in caso di Brexit senza un accordo il 31 ottobre. La recessione peraltro si è sfiorata anche lo scorso anno: nel terzo trimestre del 2018 il pil tedesco aveva segnato -0,2%, per poi tornare positivo. E nel Paese è ora più attuale che mai il dibattito sulla possibilità di mettere da parte il teorema dello “Schwarze null” – il deficit zero – e ricominciare a indebitarsi con moderazione per spingere gli investimenti, soprattutto quelli nella lotta al cambiamento climatico e nella digitalizzazione. Il governo della cancelliera Angela Merkel non vuol saperne e punta invece sull’abolizione parziale della sovrattassa di solidarietà per l’unificazione, il cosiddetto Soli (solidarity surcharge). Sgravi fiscali, dunque, per dare ossigeno a piccole imprese e famiglie.

La frenata tedesca fa rallentare l’Eurozona – A pesare sull’andamento dell’economia tedesca è stato il calo delle esportazioni legato al rallentamento della domanda a seguito della guerra commerciale Cina-Usa ma anche alla crisi dell’auto diesel. E il rallentamento della ex “locomotiva” frena tutta l’Eurozona, che tra aprile e giugno è cresciuta solo dello 0,2% contro il +0,4% del trimestre precedente. Per l’Italia si conferma la crescita zero, secondo dato peggiore dopo quello di Berlino, mentre la Francia mette a segno un +0,3% e la Spagna +0,7 per cento. A giugno del resto la produzione industriale è crollata in tutta la zona euro: Eurostat ha registrato un calo dell’1,6% contro il +0,8% di maggio.

Il dibattito sulla necessità di investimenti in deficit – “Attualmente non vedo la necessità di un pacchetto di stimolo“, aveva detto martedì la cancelliera Angela Merkel. E una portavoce del governo oggi ha ribadito che Berlino non vede “alcuna necessità per ulteriori misure di stabilizzazione della congiuntura” e ritiene che “la politica fiscale del governo federale è già orientata in maniera espansiva“. Ma la discussione è aperta. Dopo gli auspici in questo senso di diversi esponenti della Spd e dell’ex presidente della Bce Jean-Claude Trichet, oggi l’economista Michael Hüther, direttore dell’Institut der deutschen Wirtschaft, intervistato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung propone che il governo vari un maxi piano da 450 miliardi di euro in dieci anni, ovvero 45 l’anno, di investimenti in infrastrutture: trasporti, banda larga, decarbonizzazione, edilizia abitativa ma anche istruzione. Da finanziare con un’obbligazione federale decennale. Hüther fa notare che la Germania ha un ampio margine di manovra, intorno a 50 miliardi di euro l’anno, per investire di più senza violare la regola del debito che è ormai sceso sotto il 60% del pil.

Il ministro dell’Economia: “Sì a sgravi fiscali per famiglie e imprese” – Un piano del genere non sembra però nelle intenzioni del governo. Il ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier, in un’intervista a Bild, ha commentato i dati di oggi affermando che la recessione “può essere evitata con le giuste misure” nella forma di sgravi fiscali per le imprese e per i cittadini, a partire dall’abolizione – caldeggiata dalla Merkel – del contributo per la riunificazione. Si tratta di una tassa aggiuntiva del 5,5% (calcolata sulla imposta “base”) introdotta del 1990, che vale circa 19 miliardi di euro l’anno e di cui da sempre le imprese chiedono l’abolizione. Cdu e Spd durante i negoziati per la formazione dell’attuale governo avevano concordato l’eliminazione del Soli sui redditi sotto i 61mila euro, il 90% dei contribuenti colpiti, mentre il balzello continuerebbe a colpire il 10% più ricco portando comunque nelle casse pubbliche circa 9 miliardi l’anno. “Abbiamo bisogno di sgravi sulle imposte alle imprese e una chiara tabella di marcia per la completa abolizione del Soli nella prossima legislatura. E dobbiamo garantire investimenti nella digitalizzazione e nelle tecnologie del futuro”, ha detto Altmeier nel corso dell’intervista. Poi ha ricordato che “la causa principale della debolezza economica è la strozzatura della domanda dall’estero“: “I conflitti commerciali si fanno sentire e l’industria tedesca orientata all’esportazione è particolarmente colpita”.