Il leader della Lega si mostra quasi pentito e lascia uno spiraglio per una possibile apertura: "Continuare? Il mio telefono è sempre acceso, ma come si fa a governare con chi mi insulta ogni giorno", ribadisce a SkyTg24. Sembra una mano tesa, oppure il tentativo di non presentarsi come il colpevole della crisi di governo che gli è costata anche qualche punto nei sondaggi
“Secondo me non c’è possibilità, poi se qualcuno vuole dialogare io sono qua, sono la persona più paziente del mondo e il mio telefono è sempre acceso e in questi giorni squilla parecchio”. Mentre continua a criticare il reddito di cittadinanza e “i no dei Cinquestelle”, Matteo Salvini si mostra quasi pentito e lascia uno spiraglio per una possibilità di apertura ai pentastellati. “Continuare con il M5s? il mio telefono è sempre acceso, ma come si fa a governare con chi mi insulta ogni giorno“, ribadisce a SkyTg24. Sembra una mano tesa, oppure il tentativo di non presentarsi come il colpevole della crisi di governo che gli è costata anche qualche punto nei sondaggi. Poco dopo gli ha risposto lo stesso Luigi Di Maio: “E’ pentito, ma la frittata è fatta”.
Salvini però nel frattempo litiga con il premier Giuseppe Conte e con la ministra della Difesa Elisabetta Trenta sui migranti. Invoca una squadra di ministri che dica sempre “sì“. “Questo governo si è fermato sui troppi no: al Tav, all’autonomia, alla riforma fiscale, alla riforma della giustizia. Di no l’Italia muore, un governo muore, abbiamo bisogno di sì, se qualcuno dice sì ragioniamo”, dice Salvini, che in qualche modo cerca di non intestarsi la colpa della fine dell’alleanza gialloverde e cambiare il racconto della crisi: “Sono stato paziente per un anno”. “O c’è un governo con ministri del sì” o “un governo degli sconfitti non serve”, spiega a Sky Tg24, ribadendo che la mozione di sfiducia resta. Ma facendo capire che se i Cinquestelle volessero accettare un “governo del sì” ci sarebbero lo spazio per ragionare. Una mezza retromarcia, anche se a condizioni che per il M5s paiono irricevibili.
Fatto sta che la voce di un dietrofront circola nei corridoi da giorni. Il 20 agosto Giuseppe Conte è atteso per comunicazioni sulla crisi di governo al Senato. Dopo aver ascoltato cosa ha da dire, Matteo Salvini potrebbe tentare l’intentato: stringere un patto con Luigi Di Maio e ritirare la mozione di sfiducia nei confronti del premier, in base a un’opzione venuta fuori nella serata di martedì, poche ore dopo la mossa del cavallo tentata dal segretario della Lega: “Approviamo il taglio dei parlamentari e poi si va al voto”, era stato il messaggio agli ex alleati dai banchi di Palazzo Madama. Nulla più che un rumor che fa il paio con l’apertura che questa mattina Giancarlo Giorgetti fa all’eventualità di un governo elettorale. Ma ora dal fronte grillino arriva il primo, netto stop.
“Errare una volta va bene, ma errare due volte con lo stesso soggetto sarebbe una follia“, commenta Nicola Morra, nel corso della trasmissione Agorà Estate, su Rai3. “La moneta socialmente più importante è la credibilità. Matteo Salvini ha dimostrato di non avere affatto idea di che cosa sia la credibilità“, aggiunge il presidente della Commissione Antimafia.
Il tema sul tavolo al momento è il possibile accordo con il Pd e LeU per un governo in grado di evitare l’aumento dell’Iva. Un’opzione dinanzi alla quale Morra tiene la porta aperta: “Noi vogliamo un cambio di paradigma – spiega – Se ci saranno nelle aule forze disposte a mettere al centro i diritti dei cittadini e non gli interessi di una parte noi, in funzione di quello che verrà dal Colle, siamo anche disponibili ad evitare il ritorno alle urne”.
Uno scenario che non preveda le elezioni anticipate viene contemplato per la prima volta anche da Giancarlo Giorgetti. In un’intervista a La Repubblica il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, chiede il “voto entro il 27 ottobre” e un governo che “appronti una manovra, intanto per congelare l’Iva. Lo ha già fatto Gentiloni nel 2017. Poi serviranno misure politiche, concrete. E su quelle abbiamo già le idee chiare”, assicura il braccio destro di Salvini. Che poi apre: “Non vogliono elezioni in autunno? A quel punto la cosa quasi inevitabile è che si insedi un governo elettorale fino al voto e che presenti un bilancio a legislazione vigente, come si dice in gergo. E poi un decreto a fine anno con misure in vigore da gennaio: a cominciare dalla sterilizzazione dell’aumento dell’Iva, ovviamente. Purché a inizio anno si torni davanti agli elettori”.