di Michele Caimmi
Il 23 aprile 2018 Sergio Mattarella conferisce a Fico, presidente della Camera, un mandato esplorativo: il suo compito è quello di verificare la possibilità di una maggioranza tra M5S e Pd. Il mandato ha poi esito positivo. Il 29 Matteo Renzi, intervistato su Rai Uno da Fazio, stronca ogni possibile trattativa con il Movimento di Di Maio. Come scopriremo più tardi, alla Leopolda dello stesso anno, in quella settimana di fine aprile l’Italia era davvero in procinto di avere un governo guidato da M5S e Pd. Come mai, dunque, tutto si bloccò?
Come tutto ciò che accade nelle segrete stanze della politica, la certezza non la avremo mai, ma è lecito pensare che Renzi abbia dato vita ad una strategia politica di rara astuzia con un unico obiettivo: distruggere il M5S.
Come le cronache hanno riportato, nei giorni che seguirono il voto del 4 marzo 2018 e per tutta la durata del governo giallo-verde, Renzi e Salvini hanno tenuto una corrispondenza. Chiaramente non è possibile affermare con sicurezza il contenuto di quei messaggi, ma viene spontaneo domandarsi cosa contenessero. Da un lato è quasi impossibile che trattassero la formazione di un governo, dall’altro risulta strano lo scambio di opinioni tra leader di due partiti ideologicamente e istituzionalmente contrapposti.
Consideriamo poi che Renzi ha passato questi quattordici mesi da separato in casa, con le valigie pronte per una nuova avventura con il suo personalissimo En Marche!, ma la testa costantemente rivolta al desiderio di rivalsa: riprendersi la guida del Pd. Aggiungiamo il fatto che l’elettorato grillino è particolarmente eterogeneo: c’è la sinistra, come il centro e la destra. Infine, teniamo a mente il periodo dell’anno in cui capita la crisi di governo: Ferragosto.
Provo ora ad unire i punti, consapevole di essere nel mezzo di un gioco che probabilmente si discosta dalla realtà, ma che in questo periodo storico, privato delle ideologie, potrebbe rivelarsi verosimile. A fine aprile Renzi interrompe i dialoghi con i 5S folgorato da un’idea: suddividersi la legislatura con la Lega come alleati di governo dei 5S. Inizialmente Salvini avrà modo di rosicchiare il loro consenso proveniente da destra e dal Nord, in seguito Renzi potrà riappropriarsi della leadership dei dem e mettere fine alla parabola politica dei pentastellati riportando all’ovile i delusi di sinistra. Come?
Innanzitutto sfruttando la poca abilità politica di Di Maio, poco avvezzo agli intrighi di Palazzo. Salvini riuscirà comodamente ad intestarsi i risultati positivi del governo (d’altronde, essendo costantemente in piazza, le occasioni per sbandierare i suoi successi non mancheranno) e ad attribuire ai colleghi di governo la responsabilità dei fallimenti (accusandoli di imporre troppi no).
Giunti a Ferragosto 2019, Salvini è riuscito nel suo intento. Ora tocca passare la palla all’altro Matteo. La crisi di governo porta difatti con sé un bivio: o elezioni anticipate e quindi, molto probabilmente, Iva incrementata nel 2020, o governo istituzionale con il Pd.
Quando la Lega presenta la mozione di sfiducia nei confronti di Conte, Matteo Renzi è molto veloce a rinnegare parzialmente mesi di osteggiamento verso i 5S e propone subito un’alleanza per salvare l’Italia. Di Maio, con il taglio dei parlamentari ancora sul banco, vacilla. A questo punto la cronaca si interrompe e ciò che seguirà saranno solo supposizioni (come l’intera storia, del resto). Di Maio, accettando la proposta di Renzi, farebbe tornare l’ex premier al governo. A questo punto, se l’aumento dell’Iva riuscirà ad essere scongiurato, Renzi riacquisirà importanza nel Pd e molti delusi di sinistra torneranno a casa. Se poi le cose dovessero invece andare male, a Renzi potrebbe bastare attuare la stessa tattica di Salvini: accusare il M5S, i suoi troppi no e la sua incompetenza.
Il governo istituzionale, dunque, potrebbe sì salvare il Paese, ma potrebbe anche distruggere definitivamente il M5S.
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