Il giudice Giovanni Luca Ortore non ha avallato la matrice politica del caso, riconoscendo però che la decisione della Questura di Milano è stata "sicuramente discriminatoria perché in ragione della nazionalità, è stato riservato alla sola ricorrente un trattamento diverso e peggiore, rispetto a quello degli altri interpreti"
Il Viminale ha discriminato Elizabeth Gaby Arquinico Pardo. Lo ha stabilito il Tribunale di Como che ha riconosciuto con un’ordinanza “il carattere discriminatorio della condotta tenuta dal ministero dell’Interno, per aver richiesto e ottenuto dalla cooperativa ITC l’immediata sostituzione della mediatrice linguistico culturale in lingua spagnola alla Questura di Milano“. Elizabeth Arquinico Pardo, autrice del libro Lettera agli italiani come me (People, 2018) seguito a una lettera aperta al ministro Matteo Salvini che le aveva anche risposto, lavorava come mediatrice culturale in Questura, da cui è stata allontanata prima della scadenza del contratto. Di lì l’idea della 29enne peruviana che il recesso unilaterale del contratto fosse avvenuto per la sua esposizione politica.
Ipotesi che il giudice Giovanni Luca Ortore non ha avvallato, riconoscendo però che la decisione della Questura di Milano è stata “sicuramente discriminatoria perché in ragione della nazionalità, è stato riservato alla sola ricorrente un trattamento diverso e peggiore, rispetto a quello degli altri interpreti”. La Questura di Milano “ha chiesto l’immediata sostituzione di Arquinico Pardo solo perché – si legge nell’ordinanza – aveva la stessa nazionalità peruviana di coloro che, a suo giudizio, avevano presentato un numero di domande di asilo superiore al passato ma del tutto ingiustificatamente, valutazione questa, non solo indimostrata, ma neppure sostenibile a livello indiziario”.
Il 15 febbraio, la Dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Milano aveva informato la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Ministero dell’Interno di aver rilevato un ingiustificato aumento degli accessi dei richiedenti asilo di nazionalità peruviana, a partire dal 2 gennaio, proprio in coincidenza con il servizio svolto da Arquinico, rappresentata dagli avvocati Andrea Maestri e Giorgio Sacco.
Per il giudice, la motivazione addotta dalla Questura non si può ritenere “un espediente, ideato al solo fine di celarne la vera ragione, di natura politica e ideologica – per il suo impegno culturale e sociale per il riconoscimento della nazionalità italiana ai cittadini extracomunitari, ormai integrati nello Stato – Anche perché all’epoca, nessuna iniziativa era stata ancora intrapresa dalla ricorrente per contestare tale decisione, per cui non vi era ancora l’esigenza per il ministero di precostituirsi un’eventuale motivazione di comodo da ritenere come tale, del tutto inattendibile”. Paradossalmente – nota il giudice – “è proprio l’inconsistenza della motivazione “ufficiale” a rivelarne l’autenticità (perché per sviare eventuali sospetti da quella effettiva, se ne sarebbe adottata un’altra, sicuramente più convincente) e la natura discriminatoria“.
“Il 16 ottobre ho scritto al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per spiegargli perché il suo decreto è un disastro per le persone che si trovano nelle mie condizioni. Mi ha risposto con gentilezza, ma dimostrando di non aver capito molto delle ragioni per le quali mi ero permessa di scrivergli”, così la Arquinigo, che vive in Italia da 18 anni, ma non ha la cittadinanza, spiega la scelta di scrivere una lunga lettera per rispondere al ministro e di indirizzarla, però, agli italiani e alle italiane “come me”, nati in Italia o arrivati in Italia in tenera età e cresciuti qui.
Nel testo Elizabeth, che è laureata in Lingue per la Cooperazione internazionale, ha vissuto nel Maryland per uno scambio linguistico e ha lavorato in Grecia per l’Agenzia europea per l’asilo, ripercorre i diciotto anni di residenza in Italia, tra grandi e piccole discriminazioni, tra distacchi e avvicinamenti, per spiegare come ci si trova a vivere tutti i giorni in un Paese di cui ci si sente cittadini, ma dal quale non si è riconosciuti. La storia è intervallata da riflessioni sul presente e sul futuro di ciascuno di noi. “Non sto parlando di me – scrive nelle ultime righe del testo -. Sto parlando di noi. Non noi e loro. Tutti noi. Del nostro presente e del nostro futuro, soprattutto”. Quello della convivenza tra culture e identità, che “è anche nelle persone, non solo tra le persone”: un’idea inconcepibile “per quelli che sostengono il decreto […] perché è la dimostrazione pratica che esistono realtà molto diverse dal loro concetto di identità, realtà che devastano l’identitarismo e il nazionalismo”