Ha solo 15 anni ma non passerà un’estate come gli altri. Niente mare o serate con gli amici per Giulia (nome di fantasia), una ragazzina di origine rom che ogni giorno passa dieci ore nelle serre a raccogliere pomodori. Anzi ogni notte, visto che d’estate in Sicilia fa molto caldo: la raccolta, quindi si fa dopo il tramonto. In cambio riceverà una trentina di euro: meno di tre per ogni ora lavorata.
Lavoratori sfruttati da un’azienda su due – È una storia di miseria e sfruttamento quella che ogni giorno si ripete nei campi in provincia di Ragusa. Marina di Acate, minuscolo borgo marinaro tra Vittoria e Gela, è una sorta di capitale del caporalato. Qui lavorano migliaia di persone, soprattutto di origine romena e magrebina: in quattro anni la Caritas ne ha censite circa 2mila, ma i numeri sono probabilmente superiori. Secondo un report pubblicato nel 2018 dalla diocesi di Ragusa, nella piccola frazione marinara un’azienda agricola su due utilizza lavoratori in modo illegale e paga gli operai con paghe comprese tra i 2,5 e i 3 euro l’ora. Rispetto ad altre zone del Paese, dove il lavoro nelle campagne ha soprattutto caratteristiche stagionali, nel Ragusano il fenomeno del caporalato è più strutturale: ogni anno, infatti, nelle serre ci sono due o tre campagne produttive per le quali servono agricoltori attivi per almeno 250 giorni all’anno. È per questo motivo che da queste parti sono arrivati tantissime persone dalla Romania, dalla Tunisia e dal Marocco. Spesso hanno portato con loro l’intera famiglia: nonni, genitori, e figli.
Niente scuolabus: ragazzini restano in campagna – Anche a casa di Giulia sono in tanti: nove persone, tutte impiegate nelle serre, a parte la nonna e la mamma, che ha da poco avuto un bambino. I soldi in casa li gestisce il padre: quasi tutti se ne vanno per mantenere la famiglia, qualche spicciolo viene risparmiato per poter ritornare un giorno nel suo paese di origine. “Quando avrò 18 anni ritornerò ad inseguire i miei sogni e forse continuerò gli studi”, racconta Giulia. Che fino a poco tempo fa poteva permettersi il lusso di andare a scuola. Faceva parte di un gruppo di 15 ragazzini – tra i 6 e i 15 anni – che erano rientrati in un progetto di trasporto scolastico finanziato dalla Chiesa Valdese di Palermo. Avevano iniziato un percorso all’interno dell’Istituto Giovanni XXIII di Vittoria, partecipando alle attività scolastiche ed extrascolastiche, integrandosi perfettamente con gli altri bambini. Si parlava di allargare il servizio ad altri bambini, invece, nel luglio 2018 il progetto è terminato e di quei 15 ragazzini oggi solo in tre continuano ad andare a scuola. Il servizio di scuolabus, infatti, non copre le zone in cui abitano, così hanno dovuto interrompere gli studi. E adesso passano l’intera adolescenza tra i campi di pomodoro e le abitazioni fatiscenti .”Non mi rassegno al fatto che questi ragazzini hanno dovuto lasciare la scuola. Sto cercando di fare il possibile, ma serve una rete tra Istituti e Comuni”, dice la dirigente scolastica Vittoria Lombardo. “Abbiamo posto la questione alla Prefettura che si è sempre mostrata molto attenta e sensibile a questa tematica. Occorre potenziare i servizi, quei ragazzini hanno il diritto di vivere pienamente l’infanzia oggi negata”, spiega Domenico Leggio, direttore della Caritas di Ragusa.
Latrine affittate a caro prezzo, vestiti bruciati da prodotti chimici – Ed è proprio la Caritas a documentare quello che succede nelle campagne del Ragusano. Dove molte famiglie – a volte composte anche da più di dieci persone – vivono all’interno di catapecchie, con i bagni che generalmente si trovano all’esterno e sono delle vere e proprie latrine. Le case, che sono poi dei magazzini, vengono concesse in cambio di somme esorbitanti se paragonati allo stato in cui si trovano: alcuni arrivano a pagare anche 400 euro di affitto. Senza acqua e luce, confort che hanno un costo a parte, decurtato direttamente dal salario. I proprietari in questo caso giocano sul fatto che gli affittuari hanno bisiogno di fissare in quei casolari la propria residenza, condizione fondamentale per i non comunitari per aver rinnovato il permesso di soggiorno. “In queste zone c’è un caporalato con delle caratteristiche più sfumate rispetto al resto d’Italia, nel senso che la gestione del lavoro in serra, con l’impiego di poche persone per un periodo di tempo ampio, fa sì che nei campi di lavoro vi siano anche i caporali, ma che assumono spesso il ruolo di caposquadra. Quindi i caporali lavorano con le stesse persone che reclutano. In passato abbiamo registrato anche forme di caporalato più pesanti soprattutto nei confronti dei rom che venivano reclutati in patria e privati dei documenti e, addirittura, anche della paga”, spiega Vincenzo La Monica, responsabile immigrazione della Caritas. Il direttore Leggio racconta anche altro: richieste continue di indumenti da parte dei migranti. Il motivo? “I prodotti chimici utilizzati in agricoltura bruciano letteralmente i vestiti, quindi ne hanno bisogno in gran quantità. A molti diamo poi anche le scarpe da lavoro, visto che entrano nelle serre con calzature non adatte e spesso il nostro medico ha riscontrato delle ferite ai piedi”.
Il caporalato dei trasporti – Al caporalato per lavorare in serra, si aggiunge poi quello “dei trasporti”: sono quelli che si fanno pagare a caro prezzo per portare i lavoratori da casa a lavoro e viceversa. I prezzi salgono poi quando occorre raggiungere il centro abitato per fare la spesa o altri luoghi, come ad esempio l’ospedale: per andare da Vittoria a Ragusa possono volerci anche 50 euro, un giorno e mezzo di lavoro. La Monica spiega poi come esiste un tariffario diverso a seconda dell’origine del lavoratore: ai rom spettano 30 euro al giorno, mentre negli ultimi anni si è registrato un aumento per magrebini e albanesi, che arrivano a prendere anche a 40-45 euro. “Ma siamo ancora lontani dalla paga sindacale di 57 euro”, dice l’esponente della Caritas. A dare una scossa all’ambiente sono state negli ultimi anni anche le tante operazioni delle forze dell’ordine culminate con decine di arresti per sfruttamento della manodopera e, a volte, proprio dei bambini costretti a lavorare per qualche spicciolo. E senza studiare.
Cronaca
Caporalato, viaggio tra i campi del Ragusano: migranti pagati 2,5 euro all’ora. Nelle serre anche ragazzini (che non vanno a scuola)
Marina di Acate, minuscolo borgo marinaro tra Vittoria e Gela, è una sorta di capitale del caporalato. Qui lavorano migliaia di persone, soprattutto di origine romena e magrebina: in quattro anni la Caritas ne ha censite circa duemila, ma i numeri sono probabilmente superiori. Secondo un report pubblicato nel 2018 dalla diocesi di Ragusa, nella piccola frazione marinara un'azienda agricola su due utilizza lavoratori in modo illegale e paga gli operai con paghe comprese tra i 2,5 e i 3 euro l’ora
Ha solo 15 anni ma non passerà un’estate come gli altri. Niente mare o serate con gli amici per Giulia (nome di fantasia), una ragazzina di origine rom che ogni giorno passa dieci ore nelle serre a raccogliere pomodori. Anzi ogni notte, visto che d’estate in Sicilia fa molto caldo: la raccolta, quindi si fa dopo il tramonto. In cambio riceverà una trentina di euro: meno di tre per ogni ora lavorata.
Lavoratori sfruttati da un’azienda su due – È una storia di miseria e sfruttamento quella che ogni giorno si ripete nei campi in provincia di Ragusa. Marina di Acate, minuscolo borgo marinaro tra Vittoria e Gela, è una sorta di capitale del caporalato. Qui lavorano migliaia di persone, soprattutto di origine romena e magrebina: in quattro anni la Caritas ne ha censite circa 2mila, ma i numeri sono probabilmente superiori. Secondo un report pubblicato nel 2018 dalla diocesi di Ragusa, nella piccola frazione marinara un’azienda agricola su due utilizza lavoratori in modo illegale e paga gli operai con paghe comprese tra i 2,5 e i 3 euro l’ora. Rispetto ad altre zone del Paese, dove il lavoro nelle campagne ha soprattutto caratteristiche stagionali, nel Ragusano il fenomeno del caporalato è più strutturale: ogni anno, infatti, nelle serre ci sono due o tre campagne produttive per le quali servono agricoltori attivi per almeno 250 giorni all’anno. È per questo motivo che da queste parti sono arrivati tantissime persone dalla Romania, dalla Tunisia e dal Marocco. Spesso hanno portato con loro l’intera famiglia: nonni, genitori, e figli.
Niente scuolabus: ragazzini restano in campagna – Anche a casa di Giulia sono in tanti: nove persone, tutte impiegate nelle serre, a parte la nonna e la mamma, che ha da poco avuto un bambino. I soldi in casa li gestisce il padre: quasi tutti se ne vanno per mantenere la famiglia, qualche spicciolo viene risparmiato per poter ritornare un giorno nel suo paese di origine. “Quando avrò 18 anni ritornerò ad inseguire i miei sogni e forse continuerò gli studi”, racconta Giulia. Che fino a poco tempo fa poteva permettersi il lusso di andare a scuola. Faceva parte di un gruppo di 15 ragazzini – tra i 6 e i 15 anni – che erano rientrati in un progetto di trasporto scolastico finanziato dalla Chiesa Valdese di Palermo. Avevano iniziato un percorso all’interno dell’Istituto Giovanni XXIII di Vittoria, partecipando alle attività scolastiche ed extrascolastiche, integrandosi perfettamente con gli altri bambini. Si parlava di allargare il servizio ad altri bambini, invece, nel luglio 2018 il progetto è terminato e di quei 15 ragazzini oggi solo in tre continuano ad andare a scuola. Il servizio di scuolabus, infatti, non copre le zone in cui abitano, così hanno dovuto interrompere gli studi. E adesso passano l’intera adolescenza tra i campi di pomodoro e le abitazioni fatiscenti .”Non mi rassegno al fatto che questi ragazzini hanno dovuto lasciare la scuola. Sto cercando di fare il possibile, ma serve una rete tra Istituti e Comuni”, dice la dirigente scolastica Vittoria Lombardo. “Abbiamo posto la questione alla Prefettura che si è sempre mostrata molto attenta e sensibile a questa tematica. Occorre potenziare i servizi, quei ragazzini hanno il diritto di vivere pienamente l’infanzia oggi negata”, spiega Domenico Leggio, direttore della Caritas di Ragusa.
Latrine affittate a caro prezzo, vestiti bruciati da prodotti chimici – Ed è proprio la Caritas a documentare quello che succede nelle campagne del Ragusano. Dove molte famiglie – a volte composte anche da più di dieci persone – vivono all’interno di catapecchie, con i bagni che generalmente si trovano all’esterno e sono delle vere e proprie latrine. Le case, che sono poi dei magazzini, vengono concesse in cambio di somme esorbitanti se paragonati allo stato in cui si trovano: alcuni arrivano a pagare anche 400 euro di affitto. Senza acqua e luce, confort che hanno un costo a parte, decurtato direttamente dal salario. I proprietari in questo caso giocano sul fatto che gli affittuari hanno bisiogno di fissare in quei casolari la propria residenza, condizione fondamentale per i non comunitari per aver rinnovato il permesso di soggiorno. “In queste zone c’è un caporalato con delle caratteristiche più sfumate rispetto al resto d’Italia, nel senso che la gestione del lavoro in serra, con l’impiego di poche persone per un periodo di tempo ampio, fa sì che nei campi di lavoro vi siano anche i caporali, ma che assumono spesso il ruolo di caposquadra. Quindi i caporali lavorano con le stesse persone che reclutano. In passato abbiamo registrato anche forme di caporalato più pesanti soprattutto nei confronti dei rom che venivano reclutati in patria e privati dei documenti e, addirittura, anche della paga”, spiega Vincenzo La Monica, responsabile immigrazione della Caritas. Il direttore Leggio racconta anche altro: richieste continue di indumenti da parte dei migranti. Il motivo? “I prodotti chimici utilizzati in agricoltura bruciano letteralmente i vestiti, quindi ne hanno bisogno in gran quantità. A molti diamo poi anche le scarpe da lavoro, visto che entrano nelle serre con calzature non adatte e spesso il nostro medico ha riscontrato delle ferite ai piedi”.
Il caporalato dei trasporti – Al caporalato per lavorare in serra, si aggiunge poi quello “dei trasporti”: sono quelli che si fanno pagare a caro prezzo per portare i lavoratori da casa a lavoro e viceversa. I prezzi salgono poi quando occorre raggiungere il centro abitato per fare la spesa o altri luoghi, come ad esempio l’ospedale: per andare da Vittoria a Ragusa possono volerci anche 50 euro, un giorno e mezzo di lavoro. La Monica spiega poi come esiste un tariffario diverso a seconda dell’origine del lavoratore: ai rom spettano 30 euro al giorno, mentre negli ultimi anni si è registrato un aumento per magrebini e albanesi, che arrivano a prendere anche a 40-45 euro. “Ma siamo ancora lontani dalla paga sindacale di 57 euro”, dice l’esponente della Caritas. A dare una scossa all’ambiente sono state negli ultimi anni anche le tante operazioni delle forze dell’ordine culminate con decine di arresti per sfruttamento della manodopera e, a volte, proprio dei bambini costretti a lavorare per qualche spicciolo. E senza studiare.
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Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.