Sembra proprio che il “distrut-turista” sia più interessato a ingurgitarsi un cannolo con granella di pistacchio di Bronte che alle infiorate delle strade. Sono stata a Noto qualche volta con la stilista Luisa Beccaria, che ha ristrutturato con sapienza l’antico feudo di famiglia nel Siracusano. Cinque figli che formano una dinastia di creativi e inventrice di un home style fotografato dal New York Times, come ambasciatrice della sicilianità.
Se io fossi il sindaco di Noto le offrirei subito l’assessorato all’urbanistica. Via tavolini e sedie di plastiche, brutte e invasive, alcune anche “inscatolate” in mezzo alla strada. Effetto anti-urto nel caso di azzardata manovra di un’auto che passa. Ma il solo effetto è da pugno degli occhi. Anche gli angeli, come recita l’insegna, sono un sicilian concept, e il ristorante ricavato dalla sagrestia di una chiesa sconsacrata sembra l’asilo della Mariuccia in trasferta: carrozzini, bambini che dormono sulle sedie, altri sovreccitati dal sound spaccatimpani che giocano a nascondino tra i tavoli. Ed è l’una di notte, orario in cui solitamente dovrebbero essere a nanna.
Regole poche ma chiare per Cristina Suma, che nel suo charmosissimo “Seven Rooms” non vuole né cani, né bambini. Meriterebbe una medaglia Valentina, chef in odore di stella, che nel giardino de “Il Cantuccio” coccola i suoi 40 clienti. Ce ne entrerebbero il doppio, ma “non sono i numeri che fanno la qualità”. Già, i numeri. Le proiezioni fanno spavento. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 1950 viaggiavano 25 milioni di persone. Degli happy few si sono ormai perse le tracce. Oggi girano il mondo come trottole all’incirca un miliardo e 300 milioni. Per sfiorare i due miliardi nel 2030.
Il troppo Noto non rende giustizia a chi tanto si è prodigato: “Sia i notini di nascita, come l’affascinante Costanza Messina, che quelli d’adozione come l’intraprendente Samuele Mazza hanno lavorato sodo per rendere bella e nota Noto. Ora però bisogna che anche altri privati perbene ed esercenti si impegnino a mantenere alto il livello del turismo ed evitare che questo luogo perda la sua dignità trasformandosi da gioiello del barocco in immenso fast food senza senso e senza cultura. Che poi è il problema di un po’ tutte le città d’arte, piccole e grandi, che fanno risplendere la bella Italia. È il momento di fare qualcosa di serio se non vogliamo che tutto si spenga (come le luminarie del santo patrono) molto prima di quanto ce ne possiamo accorgere…”.
Chiaro? Rinunciare a qualche incasso, qualche tavolo di plastica in meno (ne guadagna pure l’ambiente) e qualche hamburger in meno (ne guadagna la salute).
Direttrice storica di Interni e inventrice del Fuorisalone (format di strasuccesso della Design Week), Gilda Bojardi – occhio allenato al bello e neoeletta assessora alla cultura e al turismo di Castell’Arquato, borgo medioevale nel piacentino – la proporrei per la stessa carica a Noto. Visto che qui è di casa, ha comprato una maisonette nella pre-oasi di Vendicari. La sua ricetta è semplice: gestire in maniera intelligente il flusso dei turisti. Anche e sopratutto fuori stagione.
Instagram: januaria_piromallo