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Aggiornare il curriculum online per cercare lavoro, ma la metà degli italiani non lo fa

Un sondaggio condotto in Italia su un campione rappresentativo di mille persone corona la raccomandazione come metodo migliore per trovare lavoro o procurarsi un colloquio. Molti si affidano ai social network specializzati, poi però non aggiornano i profili, non pubblicano nulla e non dialogano con i recruiter.

Trovare lavoro non è facile, i social network specializzati, come ad esempio LinkedIn, promettono di far conoscere il curriculum vitae a quante più aziende possibili, e lo fanno. Tant’è vero che, da uno studio condotto da OnePoll per conto di Viking Italia, emerge che il 53% degli intervistati sostiene che il networking abbia avuto importanza per la propria carriera. Tuttavia, il 50% degli intervistati aggiorna il curriculum meno di una volta l’anno, e il 48% ha perso i contatti con gli ex-colleghi. Ciliegina sulla torta, il 41% non aggiorna quasi mai il profilo, il 45% non pubblica quasi mai niente in bacheca e il 48% non parla mai con i recruiter online o con le altre conoscenze.

Il campione rappresentativo comprende 1000 lavoratori italiani, e appurato che il networking online non è il mezzo preferito degli italiani per trovare lavoro, viene fuori che al primo posto ci sono le raccomandazioni. Fra gli intervistati, uno su due afferma di essere stato raccomandato per un lavoro o un colloquio da un amico, mentre il 25% ha sfruttato delle vecchie conoscenze professionali.

Quali sono le capacità che vengono apprezzate di più quando si cerca un lavoro? Avere le conoscenze necessarie per il ruolo (41%), avere esperienza pregressa (36%) e parlare lingue straniere (38%). Il problema è che, secondo gli intervistati, non sempre i candidati vengono valutati solo in funzione di questi tre parametri. Secondo il 38% del campione fare carriera è di gran lunga più facile se si è attraenti, il 41% dichiara che è facile trovare lavoro se si conosce qualcuno che può dare una “spintarella”.

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Su un punto sono quasi tutti d’accordo (70%): in Italia i favoritismi la fanno da padrone sulla meritocrazia. Dei 1000 intervistati, uno su due pensa che raccomandare sia giusto, perché è pratica comune, perché ne farebbero uso e perché velocizza il processo di recruiting. Il 33% che reputa ingiuste le raccomandazioni afferma che la persona raccomandata potrebbe non avere le competenze necessarie, non meritarsi il lavoro e ricevere favoritismi da parte del capo.

I giovanissimi sono i più severi con i raccomandati: il 44% pensa che sia sbagliato raccomandare qualcuno per una posizione. Peccato che poi dai dati emerga come proprio questo sia uno dei gruppi più raccomandati d’Italia. Il 53% ha ricevuto un’offerta di lavoro o ha sostenuto un colloquio grazie all’intercessione di un genitore, il 53% di un ex collega e il 42% del partner.