Blatt, noto in Europa e nella NBA, ha scelto di rendere pubblica la sua malattia sul sito dell'Olympiacos di Atene, squadra che allena da giugno 2018. Una lettera in cui chiarisce che la malattia "non minaccia la vita": "Sono fortunato, ho ottimi dottori, allenatori, fisioterapisti e un’intera organizzazione che ha scelto di accettare la mia malattia e aiutarmi a superarla. Come potrei lamentarmi? Non voglio farlo. Sarebbe solo uno spreco di energie"
“A volte la vita ti mette di fronte a determinate situazioni senza alcun motivo. Questi sono i momenti che ti costringono a effettuare delle scelte che mettono davvero alla prova il tuo carattere. Alcuni mesi fa mi è stata diagnosticata una sclerosi multipla progressiva, una malattia che si manifesta in maniera diversa a seconda delle persone, una malattia autoimmune che può influenzare in tanti modi l’abilità di poter fare anche le cose che sembrano più normali”, a parlare è David Blatt, uno degli allenatori di basket più conosciuti al mondo.
Blatt, noto in Europa e nella NBA, ha scelto di rendere pubblica la sua malattia sul sito dell’Olympiacos di Atene, squadra che allena da giugno 2018. Una lettera in cui chiarisce che la malattia “non minaccia la vita” ma entra nei dettagli spiegando che i sintomi già avverte: “A me sta colpendo soprattutto alle gambe. Stanchezza, equilibrio e forza muscolare stanno diventando dei veri problemi, per me. Ho iniziato trattamenti speciali per rinforzare la mia muscolatura e il mio equilibrio, così come un lavoro specifico in piscina per aumentare la mia forza fisica. Mi sforzo di fare movimenti che per molti sarebbero facili e normali ma che a me richiedono parecchio sforzo: mi aspetto di fare ancora di più, non certo di meno”.
Blatt ha soli sessant’anni e un curriculum importante, dal 2014 al 2016 ha occupato la panchina dei Cleveland Cavaliers gestendo il ritorno di LeBron James e vincendo il titolo, un passaggio anche in Italia a Treviso. “Quando mi sono ripreso dallo shock iniziale e dal dolore di immaginare quanto questa notizia avrebbe cambiato la mia vita, ho deciso subito che non mi sarei arreso. L’unica cosa che avrei potuto fare è adattarmi a questa mia nuova condizione e provare a continuare a vivere nel modo più normale possibile. Ho adottato la stessa metodologia che uso nel basket, quando c’è da risolvere e superare un ostacolo. La mia procedura prevede tre step: 1) Qual è il problema? 2) Perché è successo? 3) Come si può risolvere? Ovviamente il perché in questo caso è sconosciuto, non ci sono ragioni perché dovesse succedere, e questo potrebbe portare facilmente a uno stato di depressione o di autocommiserazione. Questa battaglia è una battaglia vera, che non scherza, e siccome non c’è un trattamento e una cura è una battaglia che non finirà mai. Però non minaccia la mia vita, mentre ci sono persone che sono chiamate a fronteggiare sfide ben più difficili. Dobbiamo avere il coraggio di non arrenderci, di andare avanti e di vivere una vita che mantenga una certa qualità”, continua nella lettera Blatt.
L’allenatore non sembra intenzionato a smettere ma a combattere restando alla guida dell’Olympiacos: “Sono un allenatore, il mio compito è quello di guidare, insegnare e ispirare altre persone. Il fatto che non abbia più la mobilità di prima o lo stesso grado di attività non va però a influire sulle mie capacità mentali. Sono fortunato, ho ottimi dottori, allenatori, fisioterapisti e un’intera organizzazione che ha scelto di accettare la mia malattia e aiutarmi a superarla. Come potrei lamentarmi? Non voglio farlo. Sarebbe solo uno spreco di energie. Ho chiesto ai miei giocatori e al mio staff di essere la miglior versione di loro stessi: io chiederò lo stesso a me stesso”.