Continuano gli scontri, le violenze, gli arresti e le uccisioni in Kashmir. A ormai più di 15 giorni dalla revoca unilaterale dell’India dello Statuto speciale della regione ai piedi dell’Himalaya, altre due persone, tra cui un ufficiale di polizia, hanno perso la vita in uno scontro a fuoco tra militanti e forze di sicurezza nel distretto di Baramulla, nel Kashmir indiano, secondo quanto riferito dalla polizia locale. Vittime che seguono quelle di martedì, quando altre sei persone, tra cui un ufficiale, sono morte lungo la linea di controllo tra Pakistan e in India. Durante lo scontro a fuoco, ha riferito l’ufficio stampa dell’esercito di Islamabad, sono stati uccisi anche tre civili pakistani, incluso un bambino.
Intanto, sono almeno 2.300 le persone in stato d’arresto, soprattutto giovani uomini, nella regione in seguito agli scontri cominciati a inizio agosto, quando sono iniziati il blocco di sicurezza e un blackout delle comunicazioni imposti per ridurre i disordini. Tra gli arrestati figurano sia manifestanti anti che pro India, rinchiusi in carceri o altre strutture improvvisate. Quasi 100 persone sono state arrestate ai sensi della legge sulla sicurezza pubblica che consente di essere trattenuti fino a due anni senza processo. La maggior parte degli arresti è avvenuta a Srinagar, città principale del Kashmir e cuore di un movimento che da 30 anni cerca di estromettere l’India a maggioranza indù dalla regione a maggioranza musulmana.
Il costante aumento della tensione e gli scontri che non accennano a placarsi hanno convinto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a contattare i primi ministri di India e Pakistan per invitarli a diminuire il livello dello scontro politico che ha creato una situazione definita “esplosiva” dal tycoon: “Il Kashmir è un posto molto complicato, ci sono gli indù e i musulmani e non direi che vanno d’accordo – ha detto – Farò del mio meglio se posso servire come mediatore”.