Gli ultimi 83 migranti rimasti a bordo della nave della ong Proactiva Open Arms hanno trascorso la prima notte a terra, dopo 19 giorni passati in mare ad attendere il via libera del governo italiano per l’attracco a Lampedusa. Dopo l’arrivo sull’isola, nella serata di martedì, del procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che ha disposto il sequestro dell’imbarcazione, è stata di conseguenza ordinata l’entrata in porto di Open Arms. Messo piede a terra, ad attendere i migranti c’erano decine di uomini delle forze dell’ordine e della Guardia costiera che li hanno fatti sottoporre a un breve controllo medico prima di trasferirli nel centro di raccolta con un furgone. La Procura ha aperto un’indagine contro ignoti per omissione e rifiuto di atti d’ufficio.

I naufraghi soccorsi dagli operatori della ong spagnola hanno così potuto passare la notte nell’hotspot di Lampedusa, dopo essere stati accolti da un gruppo di turisti e attivisti accorsi al molo per dare loro il benvenuto, con i passeggeri che, stanchi per la lunga permanenza in mare, si sono comunque messi ad applaudire e a cantare per festeggiare la fine della loro traversata. Sul molo commerciale anche il parroco di Lampedusa, Don Carmelo Lamagra, che in questi giorni ha organizzato veglie davanti alla Chiesa San Gerlando in segno di solidarietà. “Ho appena terminato insieme a tre straordinari colleghi, Rocco Billone , Angela Callari e Giuseppe Bordieri, lo sbarco degli ultimi 83 rimasti sulla Open Arms. Sono stati cinque giorni molto difficili e pieni di tensione e amarezze. Grazie a Dio stanno tutti bene, resterà una delle esperienze più intense della mia vita, da oggi mi sento più ricco”, ha commentato il medico di Lampedusa, Francesco Cascio, che ha dato il suo contributo durante lo sbarco degli 83 migranti.

Non sono mancati, però, i gruppi di contestatori, guidati dalla leghista Angela Maraventano, che hanno gridato slogan contro la ong. A questi si è opposto un altro gruppo di manifestanti, con a capo l’ex sindaco dell’isola, Giusi Nicolini: “Sul molo di Lampedusa neutralizziamo uno striscione leghista con la scritta ‘scafisti’, mettendoci i piedi sopra, ma tanti piedi, proprio tanti tanti. Siamo qui per accogliere i naufraghi e ringraziare chi li ha salvati, non per farci insultare”, ha scritto sui social l’ex primo cittadino.

Adesso la nave, messa sotto sequestro, sarà trasferita a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, in attesa della conferma o meno del provvedimento. Adesso il mezzo della ong spagnola è stato affidato al comandante Marc Reig, con la Procura che intanto ha aperto un’indagine contro ignoti per omissione e rifiuto di atti d’ufficio.

Intanto, dalla Commissione europea si ribadisce la volontà di procedere il prima possibile con la redistribuzione dei migranti tra i vari Paesi europei: “La Commissione europea è pronta ad iniziare il coordinamento per il ricollocamento dei migranti a bordo della Open Arms – ha dichiarato la portavoce Natasha Bertaud durante il quotidiano midday briefing con la stampa e ricordando la disponibilità ad accogliere già espressa da Francia, Germania, Lussemburgo, Portogallo, e Romania – Speriamo che questo spirito di solidarietà sia dimostrato anche per i migranti a bordo dell’Ocean Viking”.

La Spagna ha deciso di onorare comunque il suo impegno preso durante la situazione di stallo, con la nave della Marina Militare di Madrid che è partita ieri, direzione Lampedusa, per recuperare i migranti a bordo della Open Arms. L’imbarcazione rimarrà vicina all’isola siciliana, pronta a portare in Spagna i profughi che Madrid ha accettato di accogliere, come ha riferito la vicepremier spagnola, Carmen Calvo, parlando all’emittente iberica Cadena Ser.

Allo stesso modo, però, l’esecutivo guidato da Pedro Sanchez, sempre per bocca di Calvo, attacca l’ong spagnola, ribadendo che “l’Open Arms non ha il permesso di realizzare salvataggi, il capitano della nave lo sa. Ma per via delle circostanze, Pedro Sanchez ha deciso che c’era bisogno di trovare una via umanitaria per uscire da quella situazione”. In merito a possibili sanzioni da parte di Madrid, la vicepremier non si è sbilanciata, ma ha chiarito che “siamo tutti soggetti alla legge”.

L’inchiesta: presto potrebbero esserci degli indagati
Va avanti l’inchiesta aperta dalla Procura di Agrigento che, al momento, sta valutando l’ipotesi di omissione e rifiuto di atti d’ufficio contro ignoti. Il fascicolo potrebbe avere presto i primi nomi da iscrivere nel registro degli indagati, secondo quanto riferisce l’Adnkronos, mentre sembra che l’inchiesta per sequestro sia destinata a sgonfiarsi. Sotto la lente degli inquirenti è finita la catena di comando che avrebbe provocato lo stallo della nave per giorni davanti alla costa di Lampedusa, non avendo “risposto alle gravi condizioni di salute dei migranti”.

Secondo l’articolo 328 del Codice Penale “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni”. I migranti a bordo, di conseguenza, sono stati fatti scendere.

La relazione del pm: “Funzioni psichiche dei migranti erano sollecitate da condizioni estreme”
Secondo la relazione della psicologa, contenuta nel provvedimento di sequestro a firma del Procuratore Patronaggio, la situazione a bordo, specialmente dopo che una quindicina di naufraghi si è gettata in acqua rischiando di morire, aveva influenzato le “funzioni psichiche” dei migranti “fortemente sollecitate da condizioni emozionali estreme“.

Il magistrato, a causa dell’emergenza a bordo, ieri mattina ha deciso di andare d’urgenza in elicottero a Lampedusa. Lo stesso magistrato ha parlato di una “situazione esplosiva” prima di partire da Agrigento. Patronaggio è arrivato sull’isola accompagnato da due medici, due consulenti della Procura, oltre alla psicologa che ha avuto modo di vedere e parlare per quasi due ore con i migranti a bordo.

Il consulente tecnico, nella relazione che l’Adnkronos ha potuto visionare, parla di “un clima di altissima espressione”, dove “la percezione di morte rispetto a un eventuale rimpatrio e la speranza di vita, anche affrontando a nuoto lo specchio di mare che li separa dall’isola di Lampedusa, non lascia più possibilità di valutazione del rischio individuale e collettivo, né, da parte di terzi, la possibilità di arginare o contenere una ulteriore estensione di situazione psicopatologiche di ‘dissociazione nevrotica e/o psicotica’”, si legge.

Sono proprio queste condizioni di eccezionale urgenza ad aver spinto Patronaggio a optare per un sequestro preventivo della nave, “ragioni di urgenza che non consentono di attendere un provvedimento di sequestro emesso dal giudice” e questo perché “le persone a bordo si trovano in condizioni psicologiche assai critiche come risulta dall’ispezione eseguita a bordo della nave con i consulenti nominati, con pericolo per l’incolumità dei migranti, dell’equipaggio e delle forze di polizia che vigilano sulla sicurezza in mare”, si legge nella relazione.

Ora è la volta della Ocean Viking: “Dateci un porto, noi sbarchiamo ovunque”
Ad attendere una risposta dai Paesi europei è adesso la Ocean Viking, la nave di Sos Mediterranèe che da 11 giorni si trova in mezzo al mare con 356 persone a bordo. Il capo missione, Nick Romaniuk, ha parlato a Repubblica della situazione che si vive sull’imbarcazione: “Qui la vita è in pausa – ha detto – Ma quanto ancora potremo rimanere così? Da noi la situazione è ancora sotto controllo, ma non potremo resistere all’infinito”.

Ciò che i membri della ong e di Medici Senza Frontiere a bordo stanno aspettando è che anche per loro venga deciso un porto sicuro per lo sbarco dei migranti soccorsi in più interventi. “Aspettiamo che qualcuno si decida a darci un porto – continua il capo missione – Non è compito nostro, noi siamo qui per salvare le vite delle persone nel Mediterraneo e non possiamo certo essere noi a decidere dove sbarcarle”, dice Romaniuk spiegando che fino a ora l’unica indicazione arrivata è quella del centro di ricerca e soccorso libico, “ma ovviamente non siamo disponibili a riportare le persone in un paese in guerra. Poi nessuno si è fatto più vivo”.

La frustrazione dell’equipaggio è rivolta soprattutto ai Paesi europei, con il timore che si ripeta il balletto politico che ha trattenuto la Open Arms per 19 giorni in mare: “È del tutto inaudito e inaccettabile che in Europa nessuno dia risposte, che nessuno coordini nulla, che nessuno si faccia carico delle sue responsabilità – continua Romaniuk – Siamo disponibili a portare le persone soccorse in qualsiasi porto ci indicheranno, tranne che in Libia. I Paesi europei non stanno rispettando le convenzioni internazionali da loro sottoscritte che li obbligano al soccorso”. I migranti a bordo, conclude il capo missione, “sono ansiosi, preoccupati. Non capiscono cosa sta succedendo, perché non si scende, perché ci vuole così tanto tempo. Ci raccontano storie di orrori indicibili”.

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