L’amministrazione di Donald Trump sta “valutando seriamente” di abolire lo ius soli. Cioè la norma, contenuta nella Costituzione statunitense, in base alla quale chi nasce in territorio americano – compresi naturalmente i figli degli immigrati irregolari – riceve la cittadinanza e acquisisce tutti i diritti che ne derivano. Non solo: il presidente vuole una nuova stretta sui migranti irregolari in base alla quale le famiglie con bambini che attraversano illegalmente il confine fra Stati Uniti e Messico potranno essere detenute senza limiti di tempo. Oggi il periodo massimo di detenzione dei minorenni, in base al cosiddetto accordo Flores siglato da Bill Clinton, è di 20 giorni.
Trump già lo scorso anno aveva annunciato di voler intervenire per chiudere quella che secondo la sua amministrazione è una “scappatoia” che incoraggia l’immigrazione delle famiglie, motivate a entrare con bambini nella consapevolezza di un rilascio a breve, e impedisce al governo di espellere dal Paese chi non ha il diritto di rimanerci. “Entrare con la famiglia è un biglietto gratis per gli Stati Uniti. Un bambino è il biglietto, il passaporto”, ha sostenuto il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale illustrando la nuova proposta di Trump. L’amministrazione ritiene che lo spettro di una detenzione sine die possa scoraggiare l’immigrazione e mettere fine al contrabbando di bimbi, usati dai trafficanti per garantire ai migranti l’ingresso negli Stati Uniti e far pagare loro cifre maggiori, talvolta proibitive, per il loro viaggio della speranza.
Le norme vigenti prevedono che la detenzione di minori non possa superare i 20 giorni a meno che i bimbi non siano ospitati in strutture adeguate. Al momento le due più grandi in Texas destinate alle famiglie non hanno i requisiti e le licenze per ospitare bambini oltre quel periodo. L’amministrazione Trump prevede di aggirare questa difficoltà creando un proprio sistema di certificazione delle strutture così da consentire la detenzione in qualsiasi centro fino a quando i vari tribunali non si saranno espressi sulle richieste di asilo, sul rilascio provvisorio o sull’eventuale espulsione dei migranti. A spingere verso la stretta è la convinzione che la maggior parte delle famiglie rilasciate dopo i 20 giorni non si presentano poi nelle varie udienze in tribunale. Una tesi, quella della Casa Bianca, che non rispecchia però i dati reali: sei famiglie su sette rilasciate si presentano alla corte quando convocate.
Per entrare in vigore la norma dovrà essere approvata da un giudice federale, ma i tempi potrebbero essere molto più lunghi rispetto a quelli sperati dal tycoon visto che è probabile un’ondata di azioni legali da parte dei gruppi che sostengono i diritti degli immigrati.