A tre ore dall’arrivo della delegazione del M5s al Quirinale, un retroscena confermato da più parti rischia di far fallire l’interlocuzione tra Pd e grillini. Nicola Zingaretti avrebbe consegnato nelle mani di Sergio Mattarella tre paletti inderogabili per trattare con i 5 stelle: tra questi c’è il rifiuto a votare il taglio dei parlamentari. Cioè la riforma costituzionale che per Luigi Di Maio è una condizione centrale nei programmi di qualsiasi nuovo esecutivo con la partecipazione dei 5 stelle. Ma è un retroscena che lo stesso segretario precisa, provando a depotenziarlo: “I punti alla base della possibile trattativa per un nuovo governo sono quelli decisi all’unanimità dalla Direzione di ieri e che abbiamo presentato oggi al Presidente della Repubblica. Qualora ce ne fossero le condizioni e la disponibilità, è giunto il tempo di aprire una fase di confronto e approfondimento”.
Tutto ruota infatti ai cinque punti programmatici contenuti nel documento approvato all’unanimintà dalla direzione del Pd. Sono le cinque condizioni inderogabili, secondo i dem, per cominciare a trattare con i dem. Secono Repubblica e Huffington post, in termini reali si traducono soprattutto in tre richieste. Tre paletti che nei fatti avvicinano il Paese al ritorno alle urne. A livello economico Zingaretti, infatti, vuole concordare preventivamente e nei minimi dettagli tutte le cifre della manovra economica. Quindi la diversa politica migratoria prevista nel documento approvato dal Pd si risolve nella richiesta di abolizione dei due decreti Sicurezza targati Matteo Salvini. Ma a rischiare di far saltare il tavolo è la traduzione della “centralità del Parlamento“, principio contenuto nei cinque punti approvati dalla direzione dem: il Pd non intende votare il taglio dei parlamentari. Un paletto, quest’ultimo, che al Colle sarebbe stato sponsorizzato sopratutto dall’ex premier Paolo Gentiloni. E che sembra più un modo per soffocare in culla qualsiasi ipotesi di un governo Pd-5 stelle.
“Non abbiamo detto di non andare avanti col taglio dei parlamentari, abbiamo detto che va fatto con un quadro di bilanciamento, a partire anche dall’aggiustamento della legge elettorale. Quindi quantomeno non farlo subito ma vedere quali sono gli altri interventi di accompagnamento”, specifica il vicesegretario dem, Andrea Orlando. “Abbiamo detto esplicitamente che siamo disponibili ad un governo di svolta che affronti i problemi veri del paese. Siamo per fare una cosa seria e stabile. Siamo a favore del taglio dei parlamentari che pure avevamo già proposto in passato, ma chiediamo sia inserito in una agenda complessiva che tenga conto di una riforma della legge elettorale che garantisca rappresentanza democratica ai territori”, sottolinea pure Graziano Delrio, che da capogruppo alla Camera era presente all’incontro con Mattarella . “I tempi si possono decidere insieme – spiega- visto che in ogni caso il taglio entrerebbe in vigore nella prossima legislatura. Un accordo preventivo sui contenuti della legge di bilancio è segno di serietà e di attenzione alle priorità del Paese. Nessun tentativo di far fallire quindi, ma piuttosto di fondare su solide basi un governo all’altezza della crisi”.
L’anticipazione delle richieste di Zingaretti, però, provocano reazioni a catena. Soprattutto dentro al Pd, dove i renziani – primi sostenitori dell’accordo con i 5 stelle – si dicono “sconcertati” per i punti di Zingaretti sono i renziani. “Ci aspettiamo che venga smentito” dice un big dell’area ricordando che è stata data “piena fiducia e pieno sostegno al segretario” e che “in Direzione non abbiamo nè discusso nè votato quei 3 punti”. A esplicitare il fastidio dei renziani è Anna Ascani, che dopo un colloquio con Matteo Renzi, dice: “Se di fronte al rischio della destra così come ancora si presenta, con Salvini e Meloni in primissima linea, qualcuno nel Pd pensa di far saltare il banco di un possibile governo, istituzionale o di legislatura, sul taglio dei parlamentari, se ne assumerà la responsabilità di fronte al Paese e all’Europa. Le condizioni sono quelle poste in direzione, altre condizioni rischiano di essere fuori luogo in questo momento”. Alla fine a inquadrare meglio la vicenda è probabilmente Matteo Orfini: “A consultazioni aperte non ci si parla con veline e contro veline. Non si fanno esegesi anonime. Non si gioca con le dichiarazioni fatte da ‘fonti vicine a’. Si va al Quirinale e si parla lì. Per rispetto al Capo dello Stato, al paese. E anche a se stessi”.