Pensare al futuro, per lei, significa fare ricerca e insegnare all’università. Per lui, invece, continuare a fare il manager oppure aprire una startup, magari tornando in Italia. Chiara Bulgarelli, 30enne modenese, e il suo compagno Alvise Fornasier, 29enne veneziano, si sono conosciuti a Londra, dove vivono e lavorano. Li hanno fatti incontrare alcuni amici comuni, per lo più giovani expat come loro. Sono fidanzati da un paio d’anni e convivono da poche settimane nel loro appartamento nel centro della metropoli britannica. Una coppia di cervelli in fuga per eccellenza: manager di un sito internazionale lui, ricercatrice specializzata in neuroscienze lei. Due 110 e lode che hanno lasciato l’Italia per raggiungere nuovi obiettivi, professionali e di vita. “All’inizio non è stato facile, ma con sacrifici e determinazione ci siamo costruiti delle prospettive che ci rendono felici. Il nostro Paese purtroppo è troppo chiuso in se stesso”.

Alvise, nato e cresciuto tra i canali di Venezia, si è laureato in Economia del Turismo a Ca’ Foscari nel 2012, specializzandosi in Sviluppo dei sistemi turistici nel 2014. Prima di finire gli studi ha ottenuto un tirocinio di tre mesi nella sede londinese di un importante sito e società di viaggi, conosciuta a livello internazionale. Un’esperienza che è diventata l’oggetto della sua tesi. Dopo la laurea ha lavorato un anno per un’azienda di web marketing turistico in laguna, fino a quando non ha ricevuto la telefonata della sua ex tutor, che gli ha proposto di tornare nel Regno Unito. “In Italia avevo già un contratto a tempo indeterminato, ma ho preferito mettermi in gioco”, racconta. La selezione per essere assunti nella corporation – che conta circa 3500 dipendenti in tutto il mondo – è tosta: “Ho superato otto colloqui per un primo anno di contratto”.

Chiara, emiliana di Carpi, diplomata al liceo classico, si è laureata nel 2011 in Psicologia a Parma, specializzandosi poi nel 2013 al San Raffaele di Milano. “L’ultimo anno di università mi sono avvicinata alle neuroimmagini: volevo studiare la relazione tra la mente e le diverse aree del cervello”. Così è iniziato un percorso che da Milano l’ha portata nel Regno Unito e negli Usa: “Ho fatto un tirocinio alla Usc (University of Southern California) di Los Angeles per capire com’era la ricerca all’estero e sono rimasta soddisfatta”. Tanto è vero che nel 2015 ha lasciato il laboratorio di Milano per il dottorato al Birkbeck College di Londra, dove ha lavorato a un progetto di neuroimmagini con i bambini dai sei mesi ai tre anni grazie a una tecnica innovativa, la Fnirs (functional near infrared spectroscopy). “Per studiare l’attività cerebrale usiamo dei caschetti con dei sensori che emettono luce nella corteccia cerebrale e ci dicono se le aree sono attive”.

L’impatto con la nuova vita londinese, prima ancora di conoscersi, non è stato tutto in discesa. Nel giro di due anni, però, per Alvise sono arrivati prima il contratto a tempo indeterminato e poi il passaggio da key account executive a key account manager. “Ho capito che c’era fiducia in me, qui mi sento apprezzato e non lo dimostrano solo gli aumenti costanti di stipendio”. Ora, negli uffici di Soho Square, gestisce il rapporto fra il sito per cui lavora e le online travel agencies (portali di prenotazione che giocano un ruolo centrale nel web marketing turistico) con sede in Italia, Spagna, Grecia, Turchia e Medio Oriente che promuovono i loro prezzi sul portale. “Sono il contatto dell’azienda nei loro confronti e curo come consulente l’ottimizzazione delle loro campagne”.

La prospettiva, adesso, è di coprire tutto il continente europeo e diventare entro fine anno, a 29 anni, senior key account manager (“Sono il più giovane del mio team”). “L’ambiente di lavoro? Internazionale. Ho colleghi di tutto il mondo e il clima tra di noi è molto conviviale”. L’anno scorso Alvise è tornato a Venezia per tenere una lezione al master universitario di Economia e gestione del turismo. Un’esperienza che per lui è stata “un’emozione”. E anche Chiara è ottimista sulle sue prospettive: il suo lavoro con i bambini è continuato per tutto il dottorato e prosegue anche nel post doc iniziato lo scorso gennaio alla prestigiosa Ucl (University College London, tra le migliori 15 al mondo secondo i ranking internazionali), in collaborazione col Boston Children’s Hospital dell’università americana di Harvard. “C’è una grande interdisciplinarietà – racconta – lavoro tutti i giorni a contatto con fisici e ingegneri”.

Oltre a tenere lezioni all’università, alle spalle ha già diverse esperienze di conferenze in giro per il mondo, da Vienna a Vancouver, da Tokyo a Roma. Nel 2016 ha vinto una borsa di due settimane riservata a 30 studenti da tutto il mondo alla Ucla – University of California, Los Angeles – pagata dal governo americano, e due anni dopo è stata protagonista di due documentari sull’attività di neuroscienze dello sviluppo mediante fnirs, andati in onda sulla Bbc. “Ma io mi sento ancora all’inizio della carriera”, spiega Chiara, che non rinnega gli studi in Italia, anzi: “Gli studenti italiani son ben visti, perché la nostra preparazione teorica è eccellente, anche se poco improntata alla pratica. Molti, nel Regno Unito, cominciano il dottorato dopo la triennale”.

La vita di due italiani a Londra? Cara, ma molto appagante, ripetono entrambi. “È una città viva, dove tutto quello che cerchi c’è, ti sembra di avere il mondo in tasca”, dice Chiara, che quando può si fionda alla Tate Modern o a sentire qualche concerto. “I servizi sono ottimi e tutti si sentono a casa anche se vengono da un altro Paese”, racconta Alvise, secondo cui nessuno a Londra avrebbe potuto prevedere la Brexit. “Non la temiamo direttamente, ma la consideriamo una scelta negativa per molti aspetti”. Tra un anno potranno entrambi chiedere anche la cittadinanza del Regno Unito, ma non abbandoneranno quella d’origine. Famiglia e amici mancano a entrambi, ma per ora di tornare indietro non se ne parla: “In Italia c’è poca meritocrazia e manca il collegamento tra l’università e la ricerca, da un lato, e il lavoro, dall’altro – pensa Alvise -. L’Italia è fossilizzata, dovrebbe internazionalizzarsi e investire in tecnologia”.

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