Anche Oltretevere si segue con grande interesse l’evolversi della crisi di governo. È noto che Papa Francesco non ama l’interventismo ecclesiale a gamba tesa nel dibattito politico. Quel modo di affrontare le vicende tanto caro, invece, agli ex presidenti della Cei, i cardinali Camillo Ruini e Angelo Bagnasco, e anche all’ex segretario dei vescovi italiani, monsignor Nunzio Galantino. Quello stesso interventismo che ha segnato gli anni in cui il cardinale Tarcisio Bertone ha ricoperto il ruolo di Segretario di Stato vaticano, avocando a sé i rapporti con la politica italiana. Ma sul trono di Pietro sedevano prima San Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI. Con Francesco si è decisamente voltato pagina.
Fu proprio nel primo incontro con i vescovi italiani, poco più di due mesi dopo la sua elezione, che il Papa chiarì che tra i tanti “compiti” della Cei il “primo” è quello del “dialogo con le istituzioni culturali, sociali, politiche”. Sottolineando anche che ciò “non è facile”. Da allora la svolta vera e propria è arrivata con la presidenza del cardinale Gualtiero Bassetti che ha fatto proprio del dialogo la parola chiave. Dialogo con tutti, nessuno escluso, anche, anzi soprattutto quando le distanze con gli interlocutori sono abbastanza ampie. Dialogo e non tifo, come da alcuni ambiti ecclesiali sta avvenendo durante l’evolversi della recente crisi di governo.
Da un lato, infatti, c’è lo sguardo alto e distaccato col quale seguono gli sviluppi del dibattito il Papa, il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che ha conosciuto il premier uscente Giuseppe Conte negli anni della sua formazione a Villa Nazaret, e il sostituto, ovvero il “ministro dell’Interno” della Santa Sede, monsignor Edgar Peña Parra. A essi ovviamente si aggiungono il cardinale Bassetti e il segretario della Cei, monsignor Stefano Russo. Ovvero tutte le figure istituzionali del Vaticano e della Chiesa italiana chiamate a dialogare con il governo che verrà.
Dall’altro, invece, si registra un acceso interventismo dei gesuiti de La Civiltà Cattolica, in particolare del direttore padre Antonio Spadaro, di un suo predecessore padre Bartolomeo Sorge e dell’analista politico della rivista padre Francesco Occhetta. Quest’ultimo ha indicato in Marta Cartabia, vicina a Comunione e Liberazione, “un’ottima candidata a Palazzo Chigi”. Alle critiche per il modo in cui i gesuiti stanno seguendo la crisi di governo, padre Spadaro ha replicato rivendicando che i suoi confratelli de La Civiltà Cattolica “si occupano di vita politica e sociale sin dal 1850 (cioè da prima che l’Italia fosse)”.
C’è il rischio, però, di un cortocircuito mediatico perché nello stesso momento in cui si bacchetta il leader della Lega, Matteo Salvini, per aver strumentalizzato i simboli religiosi nel dibattito politico, i gesuiti rivendicano un ruolo di primo piano tra gli osservatori dell’evolversi della crisi di governo. Ciò, senza dimenticare quanto il Papa, gesuita anch’egli, non sopporti essere identificato, in modo ugualmente strumentale, con questo interventismo. Francesco, infatti, come ha ripetuto più volte, è favorevole al ruolo attivo nel mondo politico di laici cattolici impegnati nell’affermazione dei valori del Vangelo. Lo ha ribadito anche ai membri dell’Azione Cattolica quando ha detto loro: “Mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella Politica con la maiuscola!”.
Parole che hanno trovato eco nella posizione del presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, che commentando l’evolversi della crisi di governo ha sottolineato come “una buona politica ricuce, ritesse la società divisa e strappata, ricostruisce le reti che si sono indebolite, sta accanto a gente sola per rassicurare e risolvere”. La richiesta che viene dal mondo cattolico, secondo Impagliazzo, è “passare da una politica che divide a una che unisce. Va fatto ogni sforzo possibile per unire, ricucire, ritessere una società fratturata e lacerata. Il volontariato è il segno che la solidarietà unisce, che i problemi propri si risolvono assieme a quelli degli altri e non contro quelli degli altri, perché la contrapposizione è sterile e non risolve. Il volontariato è la prova che nella società italiana non si è ancora spento il desiderio di ricostruire un Paese nuovo, comprensivo e coeso. Non vogliamo un’Italia dell’odio”. Parole sulle quali riflettere.
Francesco Antonio Grana
Vaticanista
Politica - 24 Agosto 2019
Crisi di governo, anche il Vaticano segue con interesse. Ma qualcuno confonde il dialogo con il tifo
Anche Oltretevere si segue con grande interesse l’evolversi della crisi di governo. È noto che Papa Francesco non ama l’interventismo ecclesiale a gamba tesa nel dibattito politico. Quel modo di affrontare le vicende tanto caro, invece, agli ex presidenti della Cei, i cardinali Camillo Ruini e Angelo Bagnasco, e anche all’ex segretario dei vescovi italiani, monsignor Nunzio Galantino. Quello stesso interventismo che ha segnato gli anni in cui il cardinale Tarcisio Bertone ha ricoperto il ruolo di Segretario di Stato vaticano, avocando a sé i rapporti con la politica italiana. Ma sul trono di Pietro sedevano prima San Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI. Con Francesco si è decisamente voltato pagina.
Fu proprio nel primo incontro con i vescovi italiani, poco più di due mesi dopo la sua elezione, che il Papa chiarì che tra i tanti “compiti” della Cei il “primo” è quello del “dialogo con le istituzioni culturali, sociali, politiche”. Sottolineando anche che ciò “non è facile”. Da allora la svolta vera e propria è arrivata con la presidenza del cardinale Gualtiero Bassetti che ha fatto proprio del dialogo la parola chiave. Dialogo con tutti, nessuno escluso, anche, anzi soprattutto quando le distanze con gli interlocutori sono abbastanza ampie. Dialogo e non tifo, come da alcuni ambiti ecclesiali sta avvenendo durante l’evolversi della recente crisi di governo.
Da un lato, infatti, c’è lo sguardo alto e distaccato col quale seguono gli sviluppi del dibattito il Papa, il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che ha conosciuto il premier uscente Giuseppe Conte negli anni della sua formazione a Villa Nazaret, e il sostituto, ovvero il “ministro dell’Interno” della Santa Sede, monsignor Edgar Peña Parra. A essi ovviamente si aggiungono il cardinale Bassetti e il segretario della Cei, monsignor Stefano Russo. Ovvero tutte le figure istituzionali del Vaticano e della Chiesa italiana chiamate a dialogare con il governo che verrà.
Dall’altro, invece, si registra un acceso interventismo dei gesuiti de La Civiltà Cattolica, in particolare del direttore padre Antonio Spadaro, di un suo predecessore padre Bartolomeo Sorge e dell’analista politico della rivista padre Francesco Occhetta. Quest’ultimo ha indicato in Marta Cartabia, vicina a Comunione e Liberazione, “un’ottima candidata a Palazzo Chigi”. Alle critiche per il modo in cui i gesuiti stanno seguendo la crisi di governo, padre Spadaro ha replicato rivendicando che i suoi confratelli de La Civiltà Cattolica “si occupano di vita politica e sociale sin dal 1850 (cioè da prima che l’Italia fosse)”.
C’è il rischio, però, di un cortocircuito mediatico perché nello stesso momento in cui si bacchetta il leader della Lega, Matteo Salvini, per aver strumentalizzato i simboli religiosi nel dibattito politico, i gesuiti rivendicano un ruolo di primo piano tra gli osservatori dell’evolversi della crisi di governo. Ciò, senza dimenticare quanto il Papa, gesuita anch’egli, non sopporti essere identificato, in modo ugualmente strumentale, con questo interventismo. Francesco, infatti, come ha ripetuto più volte, è favorevole al ruolo attivo nel mondo politico di laici cattolici impegnati nell’affermazione dei valori del Vangelo. Lo ha ribadito anche ai membri dell’Azione Cattolica quando ha detto loro: “Mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella Politica con la maiuscola!”.
Parole che hanno trovato eco nella posizione del presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, che commentando l’evolversi della crisi di governo ha sottolineato come “una buona politica ricuce, ritesse la società divisa e strappata, ricostruisce le reti che si sono indebolite, sta accanto a gente sola per rassicurare e risolvere”. La richiesta che viene dal mondo cattolico, secondo Impagliazzo, è “passare da una politica che divide a una che unisce. Va fatto ogni sforzo possibile per unire, ricucire, ritessere una società fratturata e lacerata. Il volontariato è il segno che la solidarietà unisce, che i problemi propri si risolvono assieme a quelli degli altri e non contro quelli degli altri, perché la contrapposizione è sterile e non risolve. Il volontariato è la prova che nella società italiana non si è ancora spento il desiderio di ricostruire un Paese nuovo, comprensivo e coeso. Non vogliamo un’Italia dell’odio”. Parole sulle quali riflettere.
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Politica
Meloni legge in Aula il Manifesto di Ventotene: “Non è la mia Europa”. Opposizioni protestano, caos e seduta sospesa. Lei: “Non ho tempo per la lotta nel fango”
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Israele attacca ancora Gaza, “morti 970 palestinesi in 48 ore”. Hamas: “Colpito edificio Onu e ucciso operatore straniero”. Idf nega
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Il libro bianco per la difesa Ue: obbligo di “buy European” con i prestiti finanziati da eurobond
Roma, 19 mar (Adnkronos) - Il Manifesto di Ventotene, al centro delle polemiche alla Camera dei deputati dopo le parole di Giorgia Meloni in aula, risale al 1941 ed è considerato uno dei testi fondanti dell'Unione europea. Scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi durante l’inverno del '41, nei giorni del confino disposto per gli esponenti antifascisti come Sandro Pertini, Luigi Longo, Umberto Terracini, Pietro Secchia, Eugenio Colorni, ha come titolo completo 'Il manifesto per un’Europa libera ed unita'.
Il valore riconosciuto al documento è quello di aver introdotto un paradigma inedito sull'Europa, quello di un continente realmente unificato. Partendo dall'idea di Federazione europea che già circolava da tempo, gli autori analizzano le cause che avevano portato alle due guerre mondiali indicando una prospettiva europea opposta a quella dell'equilibrio tra Stati-Nazione ma, piuttosto, basata su una interdipendenza tra Stati sovrani.
Al Manifesto hanno dato il loro contributo diversi intellettuali, a partire dall'ebreo socialista Colorni, che poi ne curò la pubblicazione. Mentre fu l'impegno di alcune donne come Ursula Hirschmann e Ada Rossi a far conoscere e diffondere il testo nel resto d'Italia. Il Manifesto è diviso in tre parti, 'La crisi della civiltà moderna', 'Compiti del dopoguerra. L'unità europea' e 'Compiti del dopoguerra. La riforma della società'.
(Adnkronos) - Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al 40° seminario per la formazione federalista europea in occasione dell’80° anniversario del Manifesto di Ventotene, nell'agosto del 2021, aveva spiegato: "Credo che bisogna pensare al contesto in cui nasce il Manifesto che era questo, per rendersi conto di che cosa intendono dire a noi ancora – oltre che ai loro contemporanei - Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni con il Manifesto. Chiedendo a tutti quanti, esortando tutti quanti, a vigilare in difesa della democrazia contro le derive che mettono in pericolo la libertà".
Il capo dello Stato, definendo il Manifesto "un punto di riferimento", aveva proseguito: "Questi insegnamenti e lezioni sono senza scadenza, senza tempo, che erano allora richiesti ed espressi con una grande fede nella libertà, la fiducia nel corso della storia e anche il coraggio di posizioni di assoluta avanguardia. Sono queste lezioni senza scadenza temporale che parlano anche a noi, con grande attualità, in questo periodo in cui siamo investiti da sfide globali impegnative, difficili, e da tante realtà di distruzione. Quella sollecitazione a difendere la libertà e la democrazia, che allora veniva fatta in quelle condizioni, in quel contesto così difficile che richiedeva coraggio e determinazione, vale ancora oggi pienamente".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Dice che l’Europa del manifesto di Ventotene, scritto da antifascisti al confino, non è la sua Europa, non è l’Europa che vuole. Forse perché quel manifesto si intitolava 'Per un’Europa libera e forte'? Cosa non vuole Giorgia Meloni, quindi? l’Europa libera? L’Europa forte?". Così sui social Simona Malpezzi, senatrice del Pd.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "È incredibile e gravissimo quello che è successo poco fa nell’Aula del Parlamento". Così la deputata dem, Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Partito Democratico.
"La presidente del Consiglio in uno dei passaggi forse più dedicati della nostra storia recente, quando deve andare in Consiglio Europeo dove posizionare l'Italia su quello che sta accadendo, su una richiesta di nuova protezione dell'Italia, su una posizione che dobbiamo prendere rispetto alle scelte di Trump e rispetto alle guerre che continuano sia in Ucraina che nel Medio Oriente, di fronte a tutto questo ha pensato bene di irridere la nostra Costituzione, la nostra storia, l'Europa stessa".
"Meloni ha mistificato la realtà, ha ancora una volta strumentalmente e in modo truffaldino utilizzato proprio il manifesto di Ventotene per fare una caricatura, per insultare quegli uomini e quelle donne che hanno perso anche la vita per combattere i nazionalismi e il nazifascismo e per permetterci di vivere in un’Europa libera. Veramente una vergogna, non ha il minimo senso delle istituzioni. Presidente, non si può riscrivere la storia".
Roma, 19 mar. -(Adnkronos) - "Il costo della batteria ad oggi rappresenta fino al 45% del costo totale di un veicolo elettrico. Oggi sono attive 263 Gigafactory in tutto il mondo: 214 sono localizzate in Cina, solo 13 in Europa. Le aziende cinesi hanno il primato del mercato, non solo in termini di produzione ma soprattutto di tecnologia". Lo sottolinea il presidente di Stellantis John Elkann, nell'audizione informale presso le Commissioni riunite Attività produttive di Camera e Senato, facendo il punto sui problemi del mercato automobilistico.
"I produttori automobilistici europei - ricorda - stanno affrontando uno svantaggio strutturale rispetto ai loro concorrenti cinesi, pari al 40% del costo manifatturiero complessivo. In particolare, i prezzi dell'energia di paesi produttori di auto europei risultano 5 volte più alti di quelli cinesi. Bisogna inoltre rammentare che per quanto riguarda una Gigafactory, il consumo di energia necessario è 10 volte superiore a quello di uno stabilimento produttivo di autovetture". "Per questa ragione - auspica - l’Europa dovrebbe far scendere i prezzi dell’energia a valori competitivi globali e di mantenerli a livelli costanti e prevedibili".
Palermo, 19 mar. (Adnkronos) - "A proposito delle ultime piogge che, per fortuna, hanno risparmiato Firenze, non solo per l'utilizzo dello scolmatore, ma anche per la scarsa piovosità al Nord del capoluogo nel Val d'Arno e Alto casentino, il governo si permette di suggerire alla Regione e al comune di Pisa l'opportunità di procedere al completamento dello scolmatore e consentirgli la portata stabilita nel progetto originario. D'intesa con Regione e Comune di Pisa si valuterebbe la possibilità di uno specifico finanziamento". Così il ministro per la Protezione civile nel corso del Question time alla Camera dei deputati.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Spinelli, scusala. Ai tempi sarebbe stata dalla parte di chi ti ha mandato al confino". Lo scrive l'eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran, postando una foto di Altiero Spinelli.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "La lettura del manifesto di Ventotene da parte di Giorgia Meloni oggi è stata una provocazione, quando utilizza certe modalità si dimentica di essere la presidente del Consiglio e torna ad essere militante del suo partito". Così a Rai Radio1, ospite di Un Giorno da Pecora, l'ex presidente Pd e ministra Rosy Bindi, intervistata da Giorgio Lauro e Marisa Laurito.