L’Italia ha, dopo la Grecia, la peggiore burocrazia d’Europa. Basti pensare agli adempimenti fiscali o a quelli per l’accesso alle prestazioni sanitarie che ciascuno di noi deve eseguire prima di ottenere quanto dovuto. Lungaggini amministrative, documenti ridondanti, procedure informatiche preistoriche, personale di bassa qualità sono tra le principali cause del “male assoluto” che ritarda lo sviluppo del nostro paese. Lo snellimento e la modernizzazione della burocrazia dovrebbero essere punti fondamentali di un piano politico (non solo teorico), ma finora tutti i tentativi di riforma della macchina burocratica sono falliti.
Nel nostro paese il vero potere non è nelle mani della classe politica, ma in quelle della burocrazia e della finanza che agiscono nell’ombra e nell’impunità. Ma ormai gli italiani, coerentemente con il loro profilo antropologico, ci convivono serenamente, senza più lamentarsi. O meglio si lamentano, ma non più di tanto, solo se la macchina burocratica rallenta qualche processo necessario al soddisfacimento di qualche interesse personale.
Siamo sempre figli di Guicciardini, più che di Machiavelli. E’ quanto sta accadendo in queste ore al popolo dei risparmiatori truffati, l’agglomerato sociale con cui sono stati identificati i cittadini danneggiati dai crac delle banche finite in risoluzione o in liquidazione coatta. E’ stato infatti pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’ultimo decreto con le norme per la presentazione delle istanze, che da ieri (e per i prossimi 180 giorni) possono essere inviate attraverso il sito https://fondoindennizzorisparmiatori.consap.it.
Ecco il punto. Provate ad entrarci, in questo sito gestito da Consap, una delle macchine burocratiche più complesse del paese, e scoprirete quanto sia difficile e macchinoso completare la procedura. Immaginate le migliaia di cittadini – anziani, poco scolarizzati, per niente tecnologici – che, dopo una odissea politica e giudiziaria durata oltre cinque anni per vedersi riconosciuto il diritto di riottenere quanto gli era stato sottratto con l’inganno, devono cimentarsi con l’ennesimo intralcio che mette a dura prova anche la pazienza dei più tranquilli, già sfiniti dal braccio di ferro con le banche che fanno ostruzionismo nella consegna della documentazione da allegare alla domanda. Una prova di nervi che ha fatto scatenare l’ira di centinaia di risparmiatori, i quali hanno inondato le associazioni che li rappresentano di domande, chiarimenti, dubbi, perplessità.
Qualche esempio? Nel form, in un casella, viene chiesto il nome dell’attuale istituto depositante dei titoli. Ma le azioni della vecchia Banca Etruria sono state cancellate dai dossier titoli su richiesta del liquidatore nel maggio 2017. Cioè i titoli non ci sono più e di conseguenza non può esserci banca che detiene il deposito di quei titoli! Nelle discussioni con il governo questa “anomalia” era stata fatta presente da parte delle associazioni dei consumatori.
In un primo momento la paradossale condizione per cui era necessario detenere i titoli nel momento della richiesta di indennizzo fu cancellata, ma poi, ecco il potere della burocrazia, questa condizione è stata nuovamente inserita. In un’ altra casella poi bisognerebbe indicare la data d’acquisto dei titoli. Ma tanti hanno comprato (meglio dire: sono stati obbligati a comprare) più volte. Quale data va messa? I furboni della Consap ci hanno pensato?
Ancora. In un riquadro viene richiesta la “quantità residua” dei titoli. A cosa si riferisce? Perché se si riferisce all’ammontare delle azioni risultanti al giorno della presentazione della domanda d’indennizzo… Stanlio & Ollio erano dilettanti.
Infine, in un’altra sezione, viene poi chiesto di indicare il “valore nominale residuo” dei titoli. Secondo voi un risparmiatore con scarsa cultura finanziaria è in grado di capire quale sarebbe il valore di un’azione che era quotata, poi è stata tolta dalla Borsa, poi azzerata nel novembre 2015 e infine cancellata dai dossier titoli su richiesta del liquidatore?
“Oggi le comiche” è terminato!