Ignazio Okamoto, detto Cito, era stato vittima a 23 anni di un terribile incidente d'auto. Non si è più ripreso. Il padre ha lasciato il lavoro e lo ha accudito, insieme alla moglie, per tre decenni: "Ci siamo isolati dal mondo per tutto questo tempo", ha riferito la donna al Giornale di Brescia, che ha raccontato la vicenda
Era in coma da 31 anni, da quando l’auto su cui era a bordo uscì di strada lungo la A22 del Brennero. È morto venerdì, all’età di 54 anni, al cospetto degli anziani genitori che gli hanno dedicato la vita. Ignazio Okamoto, madre bresciana e padre messicano ma di origini giapponesi, ha passato più di metà della sua vita in stato vegetativo. Dal 19 marzo 1988, quando all’età di 23 anni è rimasto gravemente ferito in un incidente stradale. A perdere la vita, quella notte, fu il suo migliore amico, Nicola Luigi Mori. Lui invece è rimasto attaccato a una macchina, immobile, per i tre decenni successivi.
Cito, come era soprannominato, è stato accudito sin dall’inizio dalla madre Marina e dal padre Hector. “Mio marito ha lasciato il lavoro e per 31 anni ha seguito in casa mostro figlio – ha spiegato la madre al Giornale di Brescia che ha raccontato la vicenda – Per tutto questo tempo ci siamo isolati dal mondo“. Dopo due anni in una struttura ospedaliera, come spiegano i media locali, il giovane fu infatti portato nella sua abitazione a Collebeato, casa dalla quale non è mai più uscito. A volte è capitato che dagli occhi di Ignazio scendessero delle lacrime, facendo sperare nel miracolo, che non è mai avvenuto.