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Roberto Il Baffo al Ministero dello Sviluppo economico? L’inarrestabile voglia di ridere (per non piangere) sulla crisi di governo

Davanti alla gravità del momento ridiamo e sogniamo. Perché in fondo il meme è uno dei modi più ironici per immaginare un mondo diverso. Prendiamo la faccia vera di un politico e ci incolliamo una frase che non ha mai detto, per prenderlo per il culo o per tradurre un concetto che di fatto esiste

di Francesco Oggiano

Forse non è «la più pazza del mondo» (superata da certi pasticci passati in centro-America), ma di sicuro è la più spassosa. Ispiratrice di battute più di Sanremo, soggetto di meme più di Game of Thrones e aguzzatrice d’ingegno più della necessità, la crisi di Governo ci ha ricordato due bisogni tanto umano quanto primordiali: uno, ridere per non piangere. Due, “vendicarci” di quelli là. Perché è in quei pochi giorni in cui li vediamo senza potere, che scopriamo ancora di più le debolezze degli uomini di potere: quando sono ansiosi per le consultazioni, indecisi sui corteggiamenti, insicuri sul loro futuro, rancorosi per un tradimento o amorevoli per una possibile alleanza. Ed è allora che ci sentiamo più ispirati del solito a farci beffa di loro.

L’ultima “genialata” è il Generatore automatico di governi: prosecuzione di generatori di varia natura (dalle casate di Harry Potter alle canzoni dei TheGiornalisti), mette alla rinfusa nomi da contattare per il nuovo esecutivo. Tra i più notevoli, Roberto Il Baffo al Ministero dello Sviluppo economico, Antonella Clerici all’Agricoltura e Mauro Repetto al Lavoro.

Sempre che Mattarella approvi”, si legge in una nota in fondo al generatore. Proprio il Presidente della Repubblica è tornato a essere uno dei principali soggetti di meme e tweet, dopo esserlo stato nei due mesi che erano seguiti al 4 marzo. Sarà perché rimane uno dei pochi punti di riferimento rimanenti, il “vecchio” democristiano un po’ paterno e sempre rassicurante di cui si sente il bisogno in periodi di incertezza è diventato una star. Il suo nome è stampato con una grafica che riprende il logo dei Metallica su magliette, tazze, borse e felpe vendute in rete per beneficenza. La sua faccia appare su ogni meme che ironizza sull’ennesima crisi e sulla sua disperazione quirinalizia. Il discorso di Mattarella: “Andate tutti a fanculo”.Oppure: Mattarella chiede tempi brevi per una soluzione. E dei documenti falsi. Persino la porta del Quirinale da cui escono tutti i politici dopo le consultazioni, riparata su ordine dello stesso Mattarella dopo le consultazioni dell’anno scorso, è diventata una star di Twitter.

Sul social l’hashtag più usato resta quello della #MaratonaMentana, ormai vera series generalista italiana, con tanto di appassionanti vicende sui suoi protagonisti. Il giorno del discorso di Conte al Senato, per esempio, mezzo Twitter si è mobilitato per il compleanno dell’inviato Paolo Celata (“Carichissimo con giacca e cravatta, sotto il sole e 30 gradi all’ombra. Ti vogliamo bene Paolo”); l’altra metà per la sua collega Alessandra Sardoni (“Prende piede l’ipotesi di un incarico esplorativo alla Sardoni”).

Davanti alla gravità del momento ridiamo e sogniamo. Perché in fondo il meme è uno dei modi più ironici per immaginare un mondo diverso. Prendiamo la faccia vera di un politico e ci incolliamo una frase che non ha mai detto, per prenderlo per il culo o per tradurre un concetto che di fatto esiste. Lo facciamo con Conte che in Senato striglia Salvini (“Sta mano po’ esse ferro e po’ esse piuma”); con Salvini che cerca di ricucire con Di Maio (“Aspetto un bambino…”); con Di Maio che cerca di ricucire col Pd (“Tutti gli insulti rivolti al Pd non contano, sono insulti zero”); con Casini che alle consultazioni “non si ricorda di quale partito fa parte e si presenta con tutti”; con Toninelli che cerca aiuto sul web (“Ok Google, cerca il significato di ‘mozione di sfiducia’”).

Ci sbizzarriremo ancora nei prossimi giorni. Potremmo creare nuovi meme, per esempio, immaginando Salvini che annuncia: “Chiederò la protezione del Cuore Immacolato della Vergine Maria”; Emanuele Filiberto che rivela: “Gli italiani mi chiamano”; e Domenico Scilipoti che si appella: “Dovrebbero fare tutti come me, e anteporre l’interesse pubblico a quello personale”. Peccato solo che nell’ultima settimana tutte queste cose siano state dette veramente. Sì, forse è pure “la crisi più pazza del mondo”.

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