Non è una storia nuova, quella delle discriminazioni all’ingresso delle discoteche o dei locali pubblici in genere. Pochi anni fa la frase “tu non puoi entrare perché sei nero” – pronunciata da un buttafuori a ragazzi di colore in una discoteca della movida universitaria bolognese – scatenò molte polemiche.
Sarebbe successo di nuovo, stavolta ad Ibiza dove per l’ingresso in uno dei luoghi cult dell’isola, l’Hard Rock Hotel, avrebbero chiesto di mostrare la carta di identità e per i nati a Napoli nessun accesso. L’episodio, raccontato sui social dal padre indignato di una giovane che si dice respinta all’ingresso per i dati anagrafici con qualche richiamo partenopeo, è stato ripreso dai giornali nazionali e da qualche portale informativo delle Baleari, con sfumature polemiche, un po’ di indignazione e un po’ di vittimismo.
Sul piano giuridico, in passato, molto si è discusso; ma in realtà pochi sono i dubbi: in Italia l’articolo 187 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza stabilisce che “gli esercenti non possono, senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”. Partendo da questo dato normativo qualche giurista ritiene che nemmeno una discoteca avrebbe diritto ad effettuare una selezione all’ingresso, dovendo garantire il servizio di intrattenimento a chiunque corrisponda il prezzo del biglietto.
Altra e più cospicua dottrina considera, tuttavia, che l’articolo 187 non sia applicabile ai locali di intrattenimento come le discoteche, in quanto non è ravvisabile un’offerta di servizi caratterizzata da quella “essenzialità” (vitto e alloggio ad esempio) che contraddistingue gli esercizi pubblici. Ovviamente la non applicabilità del Testo Unico ai locali di spettacolo e trattenimento non può condurre a considerare legittime forme di discriminazione: un conto sono modalità di selezione della clientela fondate su criteri “oggettivi e predeterminati”, altra cosa sono modalità di selezione basate su criteri discriminatori.
In Spagna, almeno sulla carta, le norme sono ancora più vincolanti. I gestori di una discoteca possono fissare propri criteri per il derecho de admisión al locale; essi però debbono essere ben visibili e non possono discriminare sulla base del sesso o della razza. Con i gestori che, se richiesto, dovranno mettere a disposizione dei clienti un libro dei reclami, la cui tenuta è obbligatoria, e i municipi chiamati a svolgere attività di controllo. Sanzioni fino a 30mila euro sono previste, in caso di acclarate discriminazioni, nei comuni dell’Andalusia.
Queste le norme astratte, con le immancabili interpretazioni dottrinarie che ne conseguono. L’aspetto più interessante della vicenda è provare a capire perché il dato anagrafico “nato a Napoli” è visto ad Ibiza come un problema sociale. Fonti interne del Palladium Group (colosso alberghiero proprietario dell’Hard Rock Hotel e dell’Ushuaia Beach Hotel, iconico tempio del divertimento sulla Playa d’en Bossa) non hanno confermato l’accaduto. In via confidenziale, però, non ci sono reticenze a manifestare un malessere, divenuto vera esasperazione, per i furti di addobbi interni, per gli schiamazzi di orde di giovinastri che affollano in gran numero l’isola nelle ferie d’agosto, per la scompostezza nei buffet organizzati dalle strutture.
A pagarne le conseguenze, come tante volte accade, sono le migliaia di napoletani perbene che soggiornano sull’isola, spesso anche per lavoro (decine, tengono a precisare, sono i partenopei assunti dallo stesso Ushuaia hotel), e che prendono essi stessi le distanze dagli atteggiamenti coatti.
Non è la suggestione della fiction Gomorra – come si legge nella denuncia del padre della giovane respinta: non è un mistero che parte della Gomorra vesuviana, quella vera, si sia trasferita sull’isola delle Baleari e lungo le coste spagnole in genere. Nella scorsa primavera la polizia locale ha sgominato una gang partenopea dedita al furto violento di Rolex, nel 2011 la più vasta operazione antidroga della Guardia civil ha portato all’arresto di 50 camorristi i quali avevano esteso i loro tentacoli sui traffici di stupefacenti che inondano le notti da sballo sull’isola. Senza contare che tante indagini della procura partenopea hanno messo in luce come le piste del riciclaggio dei soldi sporchi portano ai “paradisi” delle Baleari, con il settore della ristorazione visto come un comodo porto franco dalle organizzazioni criminali nazionali.
Una questione di immagine enorme, molto più grande della generica denuncia di ghettizzazione lanciata sui social. Così il modello di divertimento Eat, sleep, dance, repeat riprodotto persino sui cuscini dei letti dell’Ushuaia Ibiza potrebbe rimanere un sogno per i born in Naples. Forse fino a quando non si risolveranno in patria i problemi culturali e di civismo, qualcuno, sull’uscio di un locale pubblico, continuerà a ripetere “no estás apuntado en la lista“.