Secondo Globo Rural, "sindacalisti, produttori rurali, commercianti e invasori di terre agricole" hanno organizzato "un giorni di fuoco", per "appoggiare il presidente che vuole allentare i controlli dell’Istituto per l'ambiente". Il ministro per la Giustizia e la Sicurezza, Sergio Moro: "Saranno puniti severamente". Nel frattempo Angola e Repubblica Democratica del Congo stanno registrano più roghi del Brasile
Il Brasile annuncia l’apertura di un’inchiesta per roghi dolosi in Amazzonia. Lo ha fatto sapere il ministro brasiliano per la Giustizia e la Sicurezza, Sergio Moro parlando di un’indagine dovuta al sospetto dell’esistenza di un gruppo su Whatsapp, con una settantina di iscritti, che sarebbe stato usato per organizzare un “giorno di fuoco” lo scorso 10 agosto, con roghi appiccati in modo sistematico a ridosso di un’autostrada federale. La denuncia è partita da un reportage pubblicato da Globo Rural, testata per temi agricoli del gruppo Globo. Intanto, mentre gli occhi del mondo sono puntati sulla foresta amazzonica, anche l’Africa è colpita di roghi gravissimi, che stanno devastando la foresta pluviale.
L’INCHIESTA PER ROGHI DOLOSI – Il ministro per l’Ambiente, Ricardo Salles, ha scritto su Twitter che il presidente Jair Bolsonaro ha disposto una “inchiesta rigorosa” sull’episodio, e Moro gli ha risposto che “la polizia federale accerterà la realtà dei fatti con le sue capacità tecniche”, assicurando che “gli incendi criminali in Amazzonia saranno puniti severamente”. La tesi del reportage pubblicato da Globo Rural è che ad Altamira, nello Stato di Parà – il comune con maggior indice di deforestazione del Paese, che sta anche registrando record storici di incendi forestali – un gruppo di “sindacalisti, produttori rurali, commercianti e invasori di terre agricole” si sono coordinati attraverso Whatsapp per dare fuoco a terreni a margine della BR-163, una autostrada che attraversa perpendicolarmente il Brasile, dal Rio Grande do Sul al Parà.
Stando a quanto si legge, lo scopo delle azioni del “giorno di fuoco”, era di “mostrare al presidente Bolsonaro che appoggiano la sua idea di rendere meno stringenti i controlli dell’Ibama (Istituto per l’ambiente) e forse perfino farsi perdonare le multe che hanno ricevuto per infrazioni ambientali già commesse”. Secondo la testata, l’azione di questo gruppo, è collegata alla sfruttamento della zona della Cachoeira da Serra, “uno dei poli agricoli più contesi dai coltivatori”, e la BR-136 è stata scelta perché è “la strada che collega questa regione ai porti fluviali di Rio Tapajos e allo stato del Mato Grosso”.
GLI INCENDI IN AFRICA – Lontano dai riflettori il dramma delle foreste pluviali in fiamme sta colpendo anche l’Africa. Cosa sta succedendo nel continente africano? Nelle giornate di giovedì 22 e venerdì 23 agosto sono stati registrati più incendi in Angola e nella Repubblica Democratica del Congo che in Brasile. Secondo i dati della Nasa, in quei due giorni ci sono stati rispettivamente 6.902 e 3.395 roghi nei due Paesi africani, mentre in Brasile “solo” 2.127. Insomma, in una classifica delle foreste che bruciano, a livello globale al momento l’Amazzonia si piazza al terzo posto. A confermarlo è anche Copernicus, il programma europeo di osservazione della Terra che fornisce dati quotidiani sulle combustione di biomassa in tutto il mondo. Gli incendi nell’Africa sub-sahariana rappresentano circa il 70% dell’area bruciata di tutto il mondo. La causa di questi incendi, come per l’Amazzonia, è riconducibile alle attività agricole e zootecniche, in particolare all’utilizzo della tecnica “taglia e brucia” con gli agricoltori centrafricani che utilizzano il fuoco per ripulire vaste distese di foreste o savane, rigenerare pascoli e bruciare gli scarti delle terre coltivate per prepararsi alla prossima stagione. “Seguiamo con molta attenzione quello che sta succedendo in Africa – ha assicurato il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron dal G7 – e abbiamo avuto uno scambio con l’Unione africana e altri Paesi. La foresta brucia anche in Africa, in Congo. Stiamo esaminando la possibilità di lanciare un’iniziativa similare in Africa”.
LA SITUAZIONE IN BOLIVIA – Anche per quanto riguarda l’Amazzonia, il problema non è circoscritto al Brasile. Anche la Bolivia e il Paraguay stanno combattendo con il dramma dei boschi ridotti in cenere. L’area devastata dagli incendi che vanno avanti da diversi giorni in Bolivia, secondo il direttore dell’Autorità forestale e terrestre (ABT), Cliver Rocha, ha raggiunto i 950.000 ettari. Le fiamme hanno distrutto il 32% della foresta di Chiquitano, dove 1.871 famiglie di 11 comuni e 35 comunità indigene sono state colpite. Sono in corso operazioni dei pompieri con il sostegno di un Boeing Supertanker 747-400 affittato dal governo da una società americana. Dopo aver spento i roghi nelle montagne a est, vicino a Ipiás, l’aereo verrà utilizzato sui rilievi di Tucavaca, nella regione del Pantanal, una pianura che si estende attraverso la Bolivia, il Paraguay e Brasile. Il ministro della Presidenza Juan Ramon Quintana ha spiegato che”la terza grande operazione avrà luogo nelle montagne di Otuquis (sud-est del Paese), la quarta a Charagua, al confine con il Paraguay, e la quinta a nord, verso le regioni di San Matías, San Rafael e San Miguel de Velasco”. Il presidente boliviano Evo Morales aveva esortato i paesi che compongono l’Organizzazione del Trattato di cooperazione amazzonica (Acto) a tenere una riunione di emergenza e nel corso di una conferenza stampa del 25 agosto ha detto che il Paese accoglie “con favore la posizione del G7 che ha annunciato la sua volontà di inviare aiuti urgenti ai Paesi colpiti dagli incendi in Amazzonia. “Invitiamo – ha aggiunto – il fratello presidente Emmanuel Macron e i suoi colleghi a visitare la Bolivia per rendere direttamente esecutivi gli impegni di cooperazione”.
I DANNI AMBIENTALI – Il Wwf ha sottolieneato che che gli incendi stanno colpendo diverse ecoregioni come il Bosco Chiquitano, il Chaco, il Pantanal e il Cerrado. “. Il Bosque seco Chiquitano, dove si trova la riserva naturale di Tucavaca, per esempio, è una zona di biodiversità endemica. Qui vivono 35 specie di animali e più di 55 piante presenti solo in questa parte del mondo, ha spiegato l’esperta Eliana Torrico. I danni nella zona riguardano più di 500 specie animali, secondo vari ambientalisti. Anche se il vice presidente boliviano Alvaro Garcia ha promesso che le zone saranno rimboschite e saranno creati rifugi per gli animali, secondo il presidente del Collegio degli agronomi di Santa Cruz, Juvenal Bonilla, serviranno 200 anni prima che un bosco sia rigenerato. Il World Wide Fund for Nature, che ha lanciato un appello ai governi del territorio, ha affermato che: “L’Amazzonia rischia il collasso ecologico, che porterebbe a un drammatico avanzamento di desertificazione e siccità in uno scenario di cambiamenti climatici ancora più devastanti rivolto un appello ai governi del territorio.
GLI SCONTRI TRA MACRON E BOLSONARO AL G7 – Il tutto accade mentre a Barritz cresce la crisi tra il Brasile e la Francia. Continua lo scambio di accuse tra il presidente Jair Bolsonaro e il francese Emmanuel Macron, dopo l’annuncio da parte dell’inquilino dell’Eliseo che ha annunciato un accordo tra paesi del G7 per aiutare i Peasi dell’Amazzonia colpiti dalle fiamme, al quale è stato risposto che “non deve immischiarsi in affari interni”. Il dibattito che si è spostato nella giornata del 26 agosto anche su toni personali, con gli insulti via Facebook a Brigitte Macron da parte del brasiliano, al quale Macron ha risposto in conferenza stampa, è ripreso nel pomeriggio sulle questione della foresta amazzonica. In concomitanza con la conferenza stampa sul tema che ha visto protagonista il francese, Bolsonaro ha pubblicato due tweet contro la sua linea: “Non possiamo accettare che un presidente, Macron – si legge nel primo – lanci attacchi irragionevoli e gratuiti sull’Amazzonia, né che nasconda le sue intenzioni dietro ‘l’alleanza’ del G7 per ‘salvare’ l’Amazzonia, come se fossimo una colonia o un’altra terra di nessuno“. Nell’altro, invece, richiama alla necessità del rispetto della sovranità, come requisito per essere “paesi civili”, sostenendo implicitamente che la Francia non ne è un esempio.