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Migranti, ong Lifeline ha soccorso 101 persone al largo della Libia. Mediterranea denuncia: “Hanno mandato in tilt i nostri radar”

La Mare Jonio ha offerto assistenza all'equipaggio della nave battente bandiera olandese. "Siamo in cerca di un porto sicuro", fanno sapere su Twitter gli operatorio a bordo di Eleonore. L'organizzazione italiana, intanto, denuncia: "L'intensa attività militare di jamming sta creando interferenze sui segnali gnss e gps"
Migranti, ong Lifeline ha soccorso 101 persone al largo della Libia. Mediterranea denuncia: “Hanno mandato in tilt i nostri radar”
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La nave Eleonore, appartenente alla ong Lifeline, ha salvato 101 persone nel mar Mediterraneo, a 43 miglia dalle coste libiche di Al-Khoms. I migranti si trovavano a bordo di un gommone che era sul punto di affondare. Mentre l’equipaggio della nave battente bandiera olandese punta adesso verso nord in cerca di un porto sicuro, è arrivata l’offerta di assistenza da parte della Mare Jonio, della ong Mediterranea Saving Humans, come ha comunicato la stessa ong su Twitter.

“Mentre erano in corso le operazioni di soccorso da parte del rescue team di Eleonore – si legge in un post successivo – una motovedetta della cosiddetta Guardia Costiera libica si è minacciosamente avvicinata al gommone, terrorizzando i naufraghi. Dopo che la motovedetta si è allontanata, le persone sono state tutte tratte in salvo a bordo della Eleonore, che sta facendo rotta verso nord alla ricerca di un porto sicuro per lo sbarco dei naufraghi”.

In giornata, la stessa ong aveva denunciato anche una “intensa (e non meglio identificata) attività militare di jamming, ovvero una “interferenza sui segnali gnss e gps” che ha creato problemi alle apparecchiature di bordo. “Non riceviamo alcun messaggio e gli stessi nostri strumenti di navigazione sono stati mandati in tilt. In un clima di silenzio e di connivenza da parte degli stati dell’Unione europea, sembra sia diventata prassi ordinaria un crimine gravissimo – azzarda Mediterranea -, ovvero respingere centinaia di persone verso un porto non sicuro in un Paese dove sono a rischio di vita e trattamenti inumani e degradanti“.

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