È imbarazzante sentirlo parlare, è imbarazzante la situazione per i brasiliani stessi. La loro preoccupazione più grande in questo momento è l’immagine che il Brasile si è guadagnata all’estero. Un po’ come è successo all’Italia con Salvini. Non solo. Quello che i giornalisti brasiliani sottolineano è come Bolsonaro si trovi isolato nel contesto internazionale. Del resto non è che si possa insultare tutti, nemmeno fossi il Re del Mondo, e aspettarsi poi sostegno e solidarietà. La stampa brasiliana rilevava la scorsa settimana che l’isolamento di Bolsonaro è assoluto. Nemmeno Salvini – dicevano – che avrebbe dovuto essergli amico, ha dato segni di supporto. D’altra parte quest’ultimo ha già anche lui i suoi problemucci da risolversi in casa, figuriamoci se va a dare man forte a uno avversato da tutti che sta combinando un pasticcio dietro l’altro peggio di lui. D’altra parte il nostro non sa nemmeno bene cosa ci sia dall’altra parte del Mediterraneo, figuriamoci in Amazzonia.
La foresta che brucia non è di sicuro una novità, accade tutti gli anni. In anni passati è stato addirittura peggio come numero di focolai, con punte che hanno raggiunto e superato i 100.000, anche durante l’amministrazione Lula. Rimane da vedere l’ampiezza dei fronti e la gravità della situazione generale oggi. Ma soprattutto quello che ha fatto precipitare la situazione sono stati una serie di fattori.
1. Il modo di muoversi e di parlare di Bolsonaro in generale.
2. Le sue affermazioni riguardo il fatto di non lasciare un centimetro quadrato di terra agli indios, che sono già in serie difficoltà.
3. La sua incapacità di dimostrarsi un minimo sensibile all’ambiente. Autorizzando altresì l’utilizzo di 152 pesticidi tossici che prima erano vietati, rendendo il Brasile il maggiore utilizzatore al mondo.
4. Insultare tutti, a cominciare dalla Norvegia e dalla Germania dicendo loro di pensare a riforestare casa propria, come se l’Amazzonia fosse solo di pertinenza del Brasile e non del mondo intero. Dimenticando (o forse proprio non lo sa o, più probabilmente, nemmeno se lo immagina) che le aree verdi e protette europee sono aumentate enormemente negli ultimi 30 anni.
5. Dimostrare insensibilità sul fatto che il disboscamento dell’Europa è una cosa avvenuta secoli orsono, fin dai tempi degli antichi romani, e la comunità internazionale è tenuta a rispettare quel che rimane delle aree boschive, ovunque esse si trovino. Proprio per non ripetere gli errori del passato e non “se avete fatto un disastro a casa vostra io adesso distruggo la mia come mi pare”.
6. Il disinteresse che ha dimostrato nei confronti degli incendi quando la notizia era già persino di dominio pubblico.
7. Dire che l’Amazzonia è di pertinenza solo brasiliana e che il Brasile non permette ingerenze colonialistiche, per poi aprirne lo sfruttamento, come se niente fosse, a qualsiasi multinazionale che sborsasse dinhero.
8. Ridacchiare in pubblico, con la tragedia in corso, dicendo facezie tipo: “Sta a vedere che adesso sono Capitan Motosega” o “lo sapete che sono come Nerone”. Allarmando la comunità internazionale, visto che uno così, a capo del quarto paese del mondo per dimensioni con il polmone verde necessario al mantenimento del clima di tutto il pianeta, è quantomeno preoccupante.
9. Accusare a casaccio le Ong, ben sapendo che sono ben altri i figuri interessati a danneggiare la foresta, oppure facendo la figura dell’incompetente totale.
10. Il disboscamento selvaggio che, oltre ad essere un danno oggettivo, rappresenta una minaccia non solo per la foresta stessa, ma per tutta l’umanità.
11. Le dimissioni del direttore dell’Inpe (Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais), Ricardo Galvão, personaggio molto stimato nel mondo scientifico a livello internazionale. Tanto da far dichiarare a Douglas Morton, direttore del Laboratorio di Scienze Biosferiche del Centro di Voli Spaziali della Nasa, l’agenzia spaziale americana, e professore aggiunto dell’Università del Maryland, che tali dimissioni sono “significativamente allarmanti” poiché dimostrano come l’attuale governo brasiliano si rapporta alla scienza.
12. Tale governo non avrebbe quindi né sensibilità umanistica, né scientifica. Ignorando sia le istanze dei popoli indigeni, sia quelle di un ente spaziale di altissimo livello, stimato in tutto il mondo, le quali davano già settimane fa l’allarme sugli incendi e sul disboscamento selvaggio.
13. L’atteggiamento generale di aggressività nei confronti degli indios tale da far sentire legittimati esseri come i Fazendeiros, i Garimpeiros e i Madereriros ad attaccarli, spesso in modo letale, un po’ come è accaduto in Italia con il razzismo nei confronti dei migranti.
In sostanza questo atteggiamento a dir poco imbarazzante ha messo in difficoltà lo stesso governo, e non solo l’opposizione istituzionale e popolare e gli indios. Anzi, questi ultimi, per fortuna, adesso si sentono più forti, appoggiati come sono da tutta la comunità internazionale e persino da alcuni governi.
Adesso Bolsonaro, temendo sanzioni e per tentare goffamente di rimediare a questo disastro, oltre che tecnico e umano, anche politico, diplomatico e mediatico, vuole inviare in Amazzonia, tardivamente, l’esercito.
D’altra parte, come sempre, non è che si possa imputare a un uomo solo la responsabilità di una situazione, specie se questa, come nel caso dell’Amazzonia è incancrenita da 50, 100 anni e anche di più. Non è che le amministrazioni precedenti siano state “buone” con gli indios e con l’ambiente. Il problema è serissimo da sempre. Gli indios, che bene o male oggi cominciano a rialzare la testa, sono stati sterminati per secoli e in alcune zone sono stati per decenni schiavi dell’industria del caucciù, mentre avevano dimenticato in buona parte le loro tradizioni.
Oltretutto la situazione presenta un paradosso. Da una parte l’eco mediatica è superiore al reale danno ambientale che è più o meno all’interno degli standard annuali. Mentre in effetti sommando gli incendi di Siberia, Canarie, Amazzonia e altri luoghi, insieme all’inquinamento delle plastiche, dei pesticidi e di altre sostanze, il danno ambientale sta raggiungendo livelli devastanti. Senza contare che il punto chiave non è di carattere tecnico, ma umanistico. E che indigeni e attivisti vengano continuamente ammazzati è purtroppo maledettamente vero. L’invasione è perpetrata da oltre 500 anni e sono responsabili tutti, noi compresi. Poiché tutti vogliono carne, legnami pregiati, metalli ed energia.
Diciamo che questo governo ha un po’ una funzione di rivelatore di quella che è una situazione antica.
Per ora questa serie di sviste ha messo tutto il mondo in condizioni di solidarizzare con gli indigeni, con gli ambientalisti e con gli attivisti, innescando una serie di proteste in decine di città in Brasile, Usa, Europa e altri paesi.
Staremo a vedere.