Gabriel Natale Hjorth “era agitato, dava le testate al muro. Io stesso sono stato colpito”. È la versione, fornita ai pm, del carabiniere accusato di aver scattato e diffuso la foto di uno dei due americani in prigione per l’omicidio di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere accoltellato la notte fra il 25 e il 26 luglio nel quartiere Prati a Roma. Il militare, assistito dall’avvocato Andrea Falcetta, si è giustificato affermando che la benda intorno agli occhi era uno “strumento di contenimento” per evitare che il giovane facesse male “agli altri e a se stesso”. Allo stesso tempo, la foto sarebbe stata diffusa in una “chat riservata a soli carabinieri” sia per “rassicurare tutti” che i due erano stati arrestati, sia per “far notare che l’informazione inizialmente fornita dal partner di Mario era totalmente inesatta”, visto che inizialmente si era parlato di due nordafricani.
Nella memoria difensiva, il maresciallo parla poi dell’interrogatorio del fermato che, “come chiaramente affermato dal procuratore generale Giovanni Salvi, si svolse con ogni garanzia di legge”. Nel frattempo il giovane si era calmato e “già da tempo era stato liberato dalla benda”. Prima, però, il maresciallo scattò la foto per la quale è indagato, e la condivise nella chat (“sapendola riservata unicamente a Carabinieri”). La foto, poi, sostiene il maresciallo, è stata “inopinatamente consegnata alla stampa da altro carabiniere, quasi certamente non partecipante alla chat, che sarebbe già stato individuato dai vertici dell’Arma”. Parallelamente all’inchiesta della procura di Roma, c’è anche il fascicolo aperto presso la procura militare.
Intanto, prosegue il lavoro degli inquirenti per fare completa luce sull’omicidio. “Gli inquirenti stanno ultimando di puntellare in maniera precisa e scrupolosa elementi che saranno molto utili nella futura fase processuale”, ha fatto sapere l’avvocato Massimo Ferrandino, legale della vedova. “Il prossimo venerdì presso il Ris di Roma si procederà ad analizzare gli indumenti repertati di Mario Cerciello” e, novità, di Andrea Varriale, il collega di Cerciello Rega, anche lui aggredito durante il “cavallo di ritorno” tentato con i due americani. Sia gli avvocati di Natale-Hjorth, sia quelli di Elder Lee Finnegan, il 19enne che ha confessato le 11 coltellate inferte al vicebrigadiere, sono in attesa della convocazione da parte del tribunale del Riesame.
La versione del carabiniere indagato viene ritenuta “poco plausibile” dall’avvocato di Natale Hjorth, Francesco Petrelli. “Che le manette vengano utilizzate a fine di contenimento sarebbe plausibile, ma in tanti anni di professione non mi è mai capitato di veder utilizzato il bendaggio per evitare che un fermato ‘faccia male a se stesso o ad altri'”, ha affermato il legale. “Senza entrare nel merito – dice – di una indagine che è ancora in corso diciamo solo che se tale giustificazione è autentica e l’affermazione corrisponde al senso comune la cosa non può che destare qualche sorpresa e qualche perplessità“.