L’Italia di oggi ha bisogno di una vocazione. Qualcosa che la rappresenti e colleghi il passato al futuro. L’identità a un progetto. Che cosa meglio dell’ambiente?
Il governo giallo-verde è finito. Il suo più grande merito è stato proprio questo: finire. Farci aprire gli occhi e mostrarci cosa rischiavamo di diventare. Quali occasioni stavamo perdendo.
Sono stati mesi cupi, ma per fortuna non si può vivere di sola rabbia. Le persone hanno bisogno di speranza. L’esecutivo dominato da Matteo Salvini ci faceva coltivare incubi, non sogni.
Ora toccherà forse a un governo giallorosso per la gioia dei romanisti. Ed è tutto da dimostrare che riesca a farci sognare. Ma per provarci dovrà, appunto, trovare un filo conduttore. Una vocazione, per l’azione politica e per il Paese.
Il governo Conte 1 nella tutela dell’ambiente strettamente intesa è stato meno peggio di altri (pur con alcune cadute, vedi lo sblocca cantieri). Ma se si crede davvero nell’ambiente occorre fare molto di più. Bisogna fare del nostro ‘petrolio’ – il paesaggio e il patrimonio storico e culturale – il centro dell’azione politica. Coinvolgere anche i cittadini rendendoci tutti consapevoli che parlare di ambiente è molto più che limitarsi a tutelare il paesaggio. Un territorio e un’aria più sani significano senza dubbio qualità e durata della vita. Facciamo esempi concreti: a Genova nella periferia dove c’erano il ponte Morandi e le acciaierie il rischio di ammalarsi è doppio rispetto ai quartieri più ricchi della stessa città.
Per non parlare del fatto che in Italia dal Dopoguerra a oggi circa 4mila persone sono morte a causa del dissesto idrogeologico. Cioè della terra malata e non curata.
Quindi ambiente significa vivere di più e meglio. Ma non solo: tutelare il territorio e il patrimonio artistico in un Paese che deve il 15 per cento del Pil al turismo significa centinaia di migliaia di posti di lavoro. Si potrebbe aggiungere che in una terra che fa dell’eccellenza alimentare una delle sue ricchezze la tutela dell’ambiente può offrire nuove, enormi prospettive economiche.
Ma siamo ancora appena alla punta dell’iceberg. Un governo che davvero mettesse al centro della sua azione politica l’ambiente avrebbe molti altri obiettivi da perseguire. Proviamo a immaginarne alcuni: studiare una politica di incentivi verdi chiari e di lungo termine per consentire alle imprese di pianificare la loro azione, investire molto di più nella ricerca green, creare o sviluppare università specializzate, puntare sulla mobilità sostenibile (offrendo, quindi, alle nostre imprese l’opportunità di sviluppare conoscenze da esportare in tutto il mondo). Ma anche concentrarsi sul recupero degli edifici e dei borghi storici. Fu la scommessa della giunta Soru che in Sardegna destinò duecento milioni a far rivivere i centri dell’entroterra bloccando la cementificazione della costa (e proprio per questo fu fatta cadere, non solo dagli avversari politici). Puntando sul recupero si conserverebbe il territorio e si tutelerebbero i proprietari di immobili che altrimenti vedono i propri beni svalutarsi. Non solo: si darebbe lavoro nel settore dell’edilizia creando competenze nuove. Pochi sanno che l’Italia è all’avanguardia nel mondo per le costruzioni in legno, palazzi alti fino a dieci piani, ecologici e capaci di resistere ai terremoti meglio di quelli in cemento armato.
Ma si può andare oltre. Molto oltre. Ambiente non è soltanto natura e paesaggio. È molto di più, basta leggere le parole di ambientalisti illuminati come Alexander Langer (vedi il libro Il piano Langer, edizioni People). Ce lo ricorda l’origine della parola: ambiente significa andare intorno, circondare. Quindi in senso lato ambiente significa ciò che sta intorno a tutta la nostra vita. Il modo in cui concepiamo il nostro ruolo e la relazione con il mondo. Allora anche la tutela dei malati, la qualità dell’assistenza sanitaria e delle terapie diventa ambiente (la nostra sanità pubblica, secondo l’Oms, in passato era ai vertici mondiali dopo la Francia). Il livello di istruzione, di dignità e libertà che respirano gli studenti a scuola e nelle università, pure questo è ambiente (le scuole pubbliche italiane, come quelle emiliane, erano un modello in Europa).
E ambiente è anche quello di lavoro. Dove si devono offrire tutele ai lavoratori, alle donne, ai giovani. Anche su questo in futuro si misurerà la competitività di un Paese (non si può guardare solo al costo della manodopera).
Ambiente è liberare l’Italia dall’atmosfera mefitica delle infiltrazioni mafiose.
Ambiente è, infine, quello che trova chi arriva nel nostro Paese per sfuggire a miseria e disperazione.
L’Italia può ancora diventare leader nell’economia verde e provare a essere all’avanguardia nella tutela del territorio. La vera sfida, però, deve essere perfino più ambiziosa. Così si ritroverebbe quella vocazione che negli ultimi anni è sembrata mancare e che aiuterebbe a unire gli sforzi di tutti noi verso un obiettivo comune. Ideale, ma nel contempo concreto. Il vero benessere deve essere materiale. Ma non solo. Questa può e deve essere la vera aspirazione del nuovo governo.
L’ambiente non è solo quello naturale. Ma deve essere anche quello UMANO.