Il capo politico 5 stelle non cede e vuole restare a Palazzo Chigi, ma per i democratici lo schema non "è accettabile". "E' un capriccio", commentano. Anche tra i grillini però la strategia viene messa in discussione: se il leader cedesse, potrebbe chiedere invece di tenere un dicastero importante per i suoi come il Lavoro o lo Sviluppo economico. Alla richiesta di schierarsi in sua difesa, non tutti hanno risposto. Il deputato Ricciardi, vicino a Fico: "Dare piena fiducia a Conte per la formazione della squadra". Ieri il gelo di Grillo che aveva parlato di "mediocri" e "un bimbo che gioca con il pongo sulla spiaggia"
“Pensino alle soluzioni, non solo a colpire me”. Luigi Di Maio non cede: se il nuovo governo deve nascere, non basta che ci sia Giuseppe Conte come premier, è la sua richiesta, ma proprio lui deve essere il vice. Sono ore di trattative e contatti frenetici tra Pd e M5s: i democratici hanno dato il via libera al nome scelto dal Movimento per guidare l’esecutivo della discontinuità. In cambio però, chiedono garanzie sulla nuova squadra e che i segnali arrivino anche dal fronte grillino. Per il capo politico 5 stelle è ormai diventata una questione di principio: “Non si fida ancora“, raccontano fonti dentro il Movimento a ilfattoquotidiano.it. “Non se la sente di lasciare solo Conte con un vice del Partito democratico“. In mattinata, è stato proprio Di Maio a diffondere una nota in cui accusa il Pd di volerlo attaccare personalmente. E, dal suo staff, è partita la richiesta ai parlamentari di intervenire in difesa del leader: “Chi tocca Di Maio, tocca il M5s“, è la dichiarazione fotocopia che hanno rilanciato senatori e deputati a turno. Ma non tutti. “In questo momento sono più indicativi i silenzi di chi ha deciso di non seguirlo”, spiegano le fonti. “Non è detto che arroccarsi sul ruolo da vicepremier sia una strategia efficace. Che senso ha insistere dopo che ha ottenuto il nome di Conte?”. Del resto, è il ragionamento, se Di Maio cedesse, potrebbe pretendere di restare nell’esecutivo e magari tenere un ministero chiave per il Movimento 5 stelle. Il dicastero del Lavoro, ad esempio, sembra essere ancora l’opzione migliore: qui il leader M5s continuerebbe ad avere in mano i pacchetti di reddito di cittadinanza e salario minimo. Che sono anche due delle battaglie fondamentali per il Movimento. Oppure potrebbe insistere su quello dello Sviluppo economico. “Non ne vuole sapere per il momento di fare un passo indietro”, raccontano. Ma nemmeno il Pd, Nicola Zingaretti in testa, ha intenzione di mollare. “Ormai è praticamente un capriccio”, è il commento tra i dem. Il clima però non è più quello di due sere fa e tutti confidano nell’intesa. E soprattutto nel fatto che a riportare pace tra le parti con una soluzione condivisa sarà proprio il premier Giuseppe Conte. Se davvero stasera, o al massimo domani mattina, riceverà l’incarico, sarà lui a sciogliere il nodo. Tutte le ipotesi sono in campo, tanto che non è escluso che, come prevede la Costituzione, il premier decida di non avere vice.
Di Maio chiama i parlamentari in sua difesa. Ma il Movimento non è compatto – Per il Movimento è un momento delicato. Se il gruppo parlamentare ha spinto fin da subito per l’accordo con i democratici, c’è anche chi, e soprattutto tra i portavoce della prima ora, non ha nascosto perplessità. Attesa e precauzione sono le parole d’ordine. Anche per questo la chiamata in difesa di Di Maio non ha riscosso un plebiscito. Si sono schierati alcuni fedelissimi: il ministro Riccardo Fraccaro, il sottosegretario Stefano Buffagni. Poi la senatrice Paola Taverna o il vicecapogruppo a Montecitorio Francesco Silvestri. Il messaggio, rilanciato sui social network, è stato lo stesso per tutti: “Se attaccate Di Maio, attaccate il Movimento”. Il gruppo di chi nutre forti dubbi sulla strategia di Di Maio invece, per il momento rimane in silenzio. “Come si fa indebolire il capo politico ora? Nel bel mezzo delle trattative?”, spiega qualcuno a microfoni spenti. Tra i parlamentari però, c’è chi comincia a spazientirsi e, alla vigilia della salita al Colle, ha deciso di parlare: “Il via libera del Pd a Giuseppe Conte è un grande risultato”, ha scritto ad esempio su Facebook il deputato Riccardo Ricciardi, uno considerato molto vicino a Roberto Fico. “È frutto dell’ottimo lavoro di squadra del Movimento 5 Stelle. Ora l’attenzione deve essere sui temi, faro dell’azione politica da sempre del Movimento. Il resto verrà da sé, dando piena fiducia proprio a Conte per la costruzione della sua squadra di governo da proporre al Presidente della Repubblica, come prevede la Costituzione”. Un messaggio neanche troppo velato proprio al capo politico M5s. L’importante, anche in vista del voto sulla piattaforma Rousseau, era di avere il nome di Conte che blindasse la nuova esperienza di governo, non che Di Maio fosse per forza vice. “Se si fa da parte a questo punto”, spiegano ancora le fonti, “potrebbe fare altre richieste importanti, sia sui ministeri che sui contenuti. E fare un gesto significativo per far partire il governo”. Senza dimenticare, dicono, “che rimane il capo politico” e potrà sempre avere “un peso nel decidere le sorti dell’esecutivo“, anche se non occupa la poltrona di braccio destro di Conte.
Il gelo di Grillo – In queste ore concitate, non ci sono solo le perplessità di alcuni parlamentari. Ma pure gli umori di Beppe Grillo. Il comico e fondatore del Movimento è stato davvero l’ago della bilancia nella difficile trattativa. E l’immagine che ha dato è stata quella di essere sempre un passo avanti rispetto al capo politico M5s. E’ stato il garante a benedire il patto con il Pd, quando ancora l’ipotesi neppure era stata avanzata. E sempre lui, sul suo blog, a fare ben due endorsement a Giuseppe Conte, mentre ancora Di Maio stava studiando le mosse da fare. Solo ieri il comico, quando ancora il dialogo sembrava essersi bloccato e l’accordo stava per saltare, ha scritto un post usando varie metafore e allusioni che nel mondo M5s sono state interpretate come un duro commento nei confronti del Movimento e del suo capo politico. L’immagine che correda l’articolo è il disegno di Grillo che come Mosè apre le acque, ovvero si presenta come colui che ha indicato la strada. Segue un dialogo immaginario con Dio che, intima al comico di farsi da parte e “lasciare che la Babele si scateni”. “Ora, faccia rientrare i vaffanculi signor Giuseppe, lasci che il mondo torni alle sue piccole diplomatiche faccende, smetta subito di interferire con le primordiali leggi della dicitura e lasci ad ognuno la sua mediocrità: a giocarci come il pongo, come un bimbo sulla spiaggia che stermina piccoli animaletti innocenti”. Non sono pochi, dentro il Movimento, che hanno visto in quel “bimbo sulla spiaggia” che gioca con il pongo, una metafora per attaccare proprio Di Maio. Insomma il fondatore osserva e per ora ha deciso di non parlare troppo, ma, l’ho reso noto ancora una volta, è lui il creatore del Movimento e se dovesse vedere che qualcuno tira troppa la corda, può riprenderselo in mano e fare quello che preferisce. Insomma, non c’era scritto esplicitamente, ma anche Di Maio è stato avvisato.