di Michele Caimmi

Da quando ho memoria la fine dell’estate porta con sé alcuni elementi ben precisi: il rientro a casa, le ultime grigliate con l’illusione di girare il calendario un paio di pagine più indietro, le piscine comunali che ti fanno rimpiangere il mare ma che almeno allentano la morsa della calura estiva, la ripresa degli studi o del lavoro, le Feste dell’Unità, le sagre di paese, le piazze delle piccole città che tornano a riempirsi. Ecco, da quest’anno si aggiunge l’elemento della crisi di governo. Ma che meraviglia! Quale gaudio! E pensare che gli italiani avrebbero potuto fronteggiare questo periodo dell’anno in totale tranquillità, magari con malinconia, ma tutto sommato con la mente libera, riposata. Invece eccoci qui, tutti a domandarci cosa ne sarà dell’esecutivo, se l’Iva aumenterà, ma soprattutto cosa ne penseranno i mercati. Noi che al massimo stavamo già pensando alle bancarelle di Santa Lucia.

Qualche giorno fa sono andato alla Festa dell’Unità della mia città. Non ci sono andato per ragioni politiche, ma solo perché ho avuto la sfortuna (o la fortuna) di nascere in una città dove non succede mai nulla. Una città dove non esistono locali, dove i concerti si contano sulle dita di una sola mano, dove l’amministrazione decide di cambiare la viabilità di mezzo Comune senza cancellare la vecchia segnaletica.

Mi sono dunque ritrovato lì, già pronto psicologicamente ad affrontare una serata in cui sapevo che chiunque avrebbe parlato di politica, considerato che il Pd, organizzatore dell’evento, è chiamato a fare una scelta cruciale per la vita del Paese e di sé stesso: vale a dire allearsi o meno con il Movimento Cinque Stelle. Ma non avevo mica così tanta ragione…

Due palchi, ai lati opposti dell’area dedicata, uno per la musica rock ed uno per il liscio (con tanto di pista da ballo); nel mezzo: un’area ristoro (una pinta a soli 3,50€, non c’è Iva che tenga), la pesca, lo spazio associazioni con libri ed oggetti di antiquariato in vendita, il tiro al bersaglio con le pistole giocattolo a pallini e poi, piccolo piccolo, lo spazio dibattiti. Eccola lì, dunque, l’area più importante. Sapevo con certezza che avrei trovato liberi battitori agguerriti, pronti a tutto pur di far valere le proprie ragioni. Non eravamo a Botteghe Oscure, nemmeno al Lingotto, e se vogliamo dirla tutta nemmeno al Nazareno, ma qualcosa doveva pur capitare.

Ed invece, no. Di tutte le aree della Festa, quella era la più priva di gente. Un paio di persone che parlavano, ed una decina di spettatori. E sono anche sicuro che non si stesse parlando del governo.

Questa breve storia, inutile di per sé, serve unicamente a dimostrare come alla gente, alla gente normale, di quel che accade ai piani alti interessa poco. Possa Salvini autoproclamarsi re perché i sondaggi gli sono favorevoli, possa Di Maio ritirarsi definitivamente in un monastero, nulla cambierà il fatto che gli italiani, oramai, hanno capito che tanto, in Italia, non cambia mai nulla. Perciò, una volta tanto, alla fine dell’estate, è forse meglio lanciarsi sulla pista da ballo, e vai col liscio, anche alla Festa dell’Unità.

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