Un emendamento della Lega in sede di conversione del 'decretone' ha introdotto per i cittadini extra-Ue un ulteriore requisito: una certificazione di reddito e patrimonio rilasciata dallo Stato di appartenenza. I ministeri di Lavoro ed Esteri però devono redarre la lista dei Paesi in cui ottenere questi documenti "è oggettivamente impossibile". Nell'attesa, l'Inps ha sospeso tutte le pratiche
I cittadini extracomunitari che hanno fatto richiesta per avere il reddito di cittadinanza sono ancora senza una risposta. Da aprile le loro domande sono ferme all’Inps, perché manca un decreto attuativo. Questo significa che gli stranieri provenienti da un Paese extra Ue non hanno ancora ricevuto nessun sussidio mensile. La legge di conversione del “decretone” su reddito e quota 100 ha infatti modificato i requisiti richiesti agli extracomunitari: per loro non basta l’Isee, ma serve anche una certificazione di reddito e patrimonio rilasciata dallo Stato di appartenenza. Questa disposizione però non si applica nei confronti di chi proviene da Stati “nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni”. Il 5 luglio una circolare dell’Inps ha ricordato che l’elenco di questi Stati va definito con un decreto del ministro del Lavoro di concerto con quello degli Esteri e ha fatto sapere che in attesa di quel provvedimento ha provveduto a sospendere l’esame di “tutte le domande“. Nel frattempo è arrivata la crisi di governo e il decreto non è mai stato presentato.
La previsione, contenuta nei commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 2, è stata voluta dalla Lega che ha presentato un emendamento in sede di conversione del decreto. Il comma 1-bis prevede che i cittadini stranieri non-Ue debbano appunto “produrre una certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali, nonché sulla composizione del nucleo familiare“, che deve “essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’autorità consolare italiana”, come spiega la circolare Inps. Un certificato, aggiunge lo stesso istituto, che deve essere esibito “in fase di istruttoria, ai fini dell’accoglimento delle domande“.
Il comma 1-ter dell’articolo 2, invece, prevede che le disposizioni del comma 1-bis non si applichino in tre diversi casi. Innanzitutto, “nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea aventi lo status di rifugiato politico“. In secondo luogo, “qualora convenzioni internazionali dispongano diversamente”. E infine, “nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Ue nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni”. Una norma che apparentemente favoriva l’accesso al beneficio a chi proveniva da Paesi che, per esempio, non hanno un catasto, ma che alla fine si è trasformata in un boomerang per tutti gli extracomunitari. Infatti, sottolinea sempre la circolare Inps, “il comma 1-ter demanda ad un decreto attuativo del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, l’individuazione dei Paesi i cui cittadini sono esonerati dall’obbligo di cui al comma 1-bis”. In attesa che questo decreto veda luce, l’Inps “ha provveduto a sospendere l’istruttoria di tutte le domande presentate a decorrere dal mese di aprile 2019 da parte di richiedenti non comunitari”. Che quindi, finora, non hanno mai ricevuto il reddito di cittadinanza.