I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Science. Secondo il ricercatore Neil Roberts la ricerca può aiutare ad avere una visione a lungo termine sul rilascio del carbonio e sul cambiamento nell’uso della terra, fondamentale per gestire al meglio il territorio al fine di combattere il riscaldamento climatico
L’uomo modifica ambiente e clima da almeno 10mila anni, da molto prima dell’introduzione dell’agricoltura di tipo intensivo. A dirlo sono i Big Data relativi al periodo compreso tra 10mila e 170 anni fa, raccolti grazie al progetto ArchaeoGLOBE con il contributo di 255 ricercatori in tutto il mondo, tra cui anche 5 italiani, come riporta la rivista Science, che ha pubblicato i risultati della ricerca. “La trasformazione della Terra da parte dell’uomo – afferma Neil Roberts delle università britanniche di Plymouth e Oxford – è iniziata molto prima dell’invenzione del motore a vapore, del primo test della bomba atomica o di altri marcatori proposti per l’inizio dell’Antropocene“, ossia l’epoca geologica attuale, in cui l’ambiente terrestre viene fortemente condizionato dagli effetti dell’azione umana.
L’obiettivo della ricerca – coordinata da Lucas Stephens dell’università americana della Pennsylvania e a cui hanno partecipato gli italiani Gilberto Artioli, dell’università di Padova, Mauro Cremaschi e Andrea Zerboni, dell’università di Milano, Savino di Lernia dell’università Sapienza di Roma, e Elena Garcea, dell’università di Cassino – era quello di valutare l’impatto dell’uomo sul paesaggio. Ma i dati dello studio hanno confermato anche che i risvolti delle azioni umane sul clima sono antichissimi: “Il processo è iniziato 10.000 anni fa – continua Roberts – È in quel periodo che il paesaggio è cambiato e si è innescato uno squilibrio nell’ambiente che inizialmente è stato modesto, ma poi è cresciuto, con un picco cominciato 6mila anni fa”. Negli ultimi 150 anni poi si è registra un’impennata: “L’impatto è diventato molto più intenso e rapido”.
I dati archeologici raccolti in tutto il mondo hanno infatti permesso di ricostruire questi cambiamenti, cominciati quando, alla fine dell’epoca glaciale, il clima è diventato più umido e piovoso e in molte parti del mondo l’uomo ha iniziato a produrre cibo: per coltivare piante e allevare animali brucia pezzi di foresta, immettendo CO2 in atmosfera. Lo studio, osserva Roberts, ha aiutato ad avere una visione a lungo termine sul rilascio di carbonio e sul cambiamento nell’uso della terra, fondamentale per gestire al meglio il territorio al fine di combattere il riscaldamento climatico.