Poco più di un anno fa una ragazza è uscita di casa in Svezia, un venerdì, e da sola è andata di fronte al parlamento per protestare contro i governi perché non fanno nulla contro il cambiamento climatico. Greta Thunberg ha innescato l’interesse e l’impegno di decine di milioni di giovani in tutto il mondo.
Non importa che sia stata lei o chiunque altro, l’importante è che oggi in tutto il mondo migliaia di organizzazioni di giovani abbiano svegliato tutti noi. Ci sono state migliaia di cortei (molti anche in Sardegna), sit-in, approvazione di leggi, mozioni e ordini del giorno che dichiarano lo stato di emergenza climatica.
La casa sta andando a fuoco e noi ci stiamo occupando di tosare l’erba. L’Amazzonia brucia, e insieme a lei tanti altri posti di cui non conosciamo neanche il nome. Dobbiamo cambiare perché il pianeta non ha un sostituto, non esiste una “terra B”.
A livello mondiale si è deciso di realizzare, tra il 20 ed il 27 settembre, il Global Climate Strike, lo “sciopero generale per il clima”. In quella settimana avranno luogo migliaia di azioni di mobilitazione riguardo il cambiamento climatico, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza delle lavoratrici e dei lavoratori sul tema, e di costringere chi detiene il potere politico a realizzare quanto è necessario.
In Italia, e in Sardegna, la Cgil ha aderito alla settimana di mobilitazione e ha chiesto di realizzare ovunque assemblee in cui si discuta il tema, alla presenza di componenti dei nodi locali di Fridays for Future.
Tra le lavoratrici e i lavoratori, e tra gli adulti in generale, la questione può essere vista con sufficienza: “si tratta di una cosa per ragazzini”, “le cose importanti sono altre”, “è roba da fricchettoni figli dei fiori, magari si fanno anche le canne”. Non è così. In Sardegna stiamo conoscendo estati sempre più torride, il sollevamento del livello dei mari (da qua al 2100 Cagliari bassa sarà sommersa e con lei tante fasce costiere), gli incendi ogni anno fanno più paura, sempre di più dobbiamo subire alluvioni e disastri ambientali (ricordate i morti del 2013 e del 2008?), alternati a siccità disastrose. Non c’è anno in cui gli agricoltori, i pastori e i pescatori non denuncino che tutto peggiora. E siamo solamente all’inizio, perché abbiamo poco tempo per invertire la rotta: poi gli effetti saranno terribili per secoli.
Possiamo decidere di fare finta di nulla e guardare dall’altra parte. Oppure possiamo decidere che i lavoratori della regione, che sono tanti e sono importanti, prendano in mano il problema. Il comparto Regione è interessato oggettivamente e soggettivamente dal tema. Le nostre politiche, e le risorse, non tengono conto di questo obiettivo trasversale. Forestas, un’agenzia che costa circa 225 milioni di euro e ha circa 5.500 dipendenti, non deve forse assumere quale principale missione la questione climatica? L’età media oggi in Forestas è 59 anni. Il Cfva (Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale) si deve riammodernare per combattere gli incendi, e serve assumere 500 persone in dieci anni. Non è pensabile che oggi si mandino lavoratori di 64 anni a spegnere gli incendi!
Le tre agenzie agricole devono riorientare le loro attività, la loro strutturazione interna e il profilo pubblico verso questa priorità. Area ha un compito (fare edilizia popolare) per soddisfare un bisogno: diminuire il consumo del suolo e diminuire lo spreco di energia (enorme) nelle abitazioni. Enas ha in gestione una risorsa strategica, l’acqua, e deve essere rilanciato come ente, perché sta chiudendo: non può garantire la sicurezza delle dighe a meno che non arrivi nuovo personale.
Come lavoratrici e lavoratori organizzati, come sindacati, possiamo compiere azioni quotidiane, piccole e grandi, per realizzare risparmio energetico, diminuzione della quantità dei rifiuti prodotti e miglioramento della nostra impronta energetica.
Vogliamo discutere di cambiamento climatico coi giovani protagonisti di questa lotta e con loro organizzarci. Chiediamo alle lavoratrici e lavoratori di farlo con noi. Convocheremo delle assemblee, tra il 20 e il 26 settembre, e proponiamo alle altre sigle sindacali e alle lavoratrici e lavoratori di organizzarle insieme. È l’occasione per discutere anche di grandi scelte di cui sono protagonisti la Giunta e i corpi intermedi sardi (sindacati, organizzazioni datoriali, giornali): metano e rinvio della decarbonizzazione della Sardegna, dal 2025 a (forse) il 2030. Siamo sicuri che sia la soluzione giusta?