L’aumento dell’Iva è un problema certo. Poi ci sono i mercati internazionali, e l’Europa. Va bene.
Poi però ci sarebbero le libertà. Il terreno sul quale, almeno sulla carta, sarebbe stato più facile enfatizzare possibili convergenze M5S-Pd non è stato praticamente menzionato nei conciliaboli di questi giorni. Eppure anche su questo piano una scadenza c’è: il 24 settembre è il termine dato dalla Corte costituzionale al Parlamento per approvare una legge che tenga conto dei diritti dei malati terminali senza condannare indiscriminatamente da 5 a 12 anni di carcere chi fornisca aiuto alla loro morte volontaria.
Il termine scadrà invano, questo è già sicuro. La Corte costituzionale dovrà dunque assumersi la responsabilità di una decisione per ciò che le compete, cioè il rispetto dei principi della nostra Carta fondamentale. Ma la sentenza della Consulta non chiuderà la questione, perché un intervento del Parlamento sarà comunque necessario. Non è infatti la Corte costituzionale a poter decidere la normativa di dettaglio su come un diritto possa essere in concreto affermato.
Se ne può occupare il nuovo governo? Non è necessario. Non abbiamo mai chiesto al governo in quanto tale di schierarsi su questi temi. Anche la legge sul biotestamento fu approvata nella scorsa legislatura da una maggioranza traversale con Pd e M5S, proprio come avrebbe potuto essere fatto anche sotto il governo M5S e Lega. Ma non è stato fatto. Ovviamente nessuno si aspettava che la Lega avrebbe votato per la legalizzazione dell’eutanasia, ma ci si sarebbe potuto aspettare che almeno l’impegno – incluso nel contratto di governo – a trattare le leggi di iniziativa popolare sarebbe stato rispettato. E invece nulla, nonostante gli anni passati dal deposito della nostra legge popolare e i richiami della Corte.
Se la legislatura si interrompesse ora, decadrebbero automaticamente le leggi di iniziativa popolare della scorsa legislatura, incluse quelle sulla legalizzazione dell’eutanasia e della cannabis, oltre che sull’immigrazione. Se invece un nuovo governo partirà, il Parlamento avrà il tempo per dare delle risposte alle proposte di centinaia di migliaia di cittadini. Lo chiediamo al Parlamento – lo sottolineo – e non al governo, perché è giusto che ciascun parlamentare si esprima secondo coscienza. Il ruolo del governo dovrebbe essere “semplicemente” quello di smetterla di impedire la discussione.
Per chiederlo non ci limitiamo a mandare una letterina. Il 19 settembre, a sei anni dal deposito della nostra legge finora ignorata, dal Parlamento ci riuniremo per una grande manifestazione concerto ai giardini Welby di Piazza Don Bosco a Roma dalle 17 alle 24, proprio per chiedere al Parlamento di farsi finalmente vivo. Ci saranno artisti e personalità che hanno accompagnato il percorso da quando la Chiesa negò i funerali religiosi a Piergiorgio Welby. Sarà l’occasione per aprire una nuova stagione di diritti civili in Italia, senza aspettare il permesso dei partiti. Se poi ci sarà anche una maggioranza di governo a volerla, invece che a subirla, ancora meglio per tutti.