Cinema

Venezia 76, cinque film per augurare a Pedro Almodovar non uno ma dieci Leoni alla carriera

Un tributo il cui annuncio aveva incuriosito mesi fa chi non si aspettava tanto affetto per un autore da sempre legato a doppio nodo agli arcirivali del Festival di Cannes. Eppure un premio sacrosanto, anzi, doveroso

di Marco Colombo

Dolor y Gloria (2019) - 6/6

Ormai libero dall’etichetta di genio ribelle del cinema iberico, Almodovar firma la sua opera più matura e sincera, un vero e proprio testamento spirituale. Al centro di tutto c’è Salvador Mallo, regista 60enne messo in crisi dagli acciacchi, dall’arte e dalla vita stessa. Quello interpretato dall’alter ego-feticcio Antonio Banderas (premiato come Miglior attore allo scorso Festival di Cannes) è un uomo che ha rinunciato a vivere, stordito da una malinconia di cui ancora non ha deciso se ubriacarsi o meno. E allora il ricordo resta l’unica via per ritrovarsi, una memoria però contraffatta dallo sguardo del presente, che rilegge il passato alla ricerca di un perché. Dovendo mettere in scena questo gioco d’incastri e sensazioni, Almodovar intreccia la trama su tre piani temporali: 1) gli anni 60 e l’infanzia nella provincia spagnola 2) l’età adulta, nella movida madrilena degli 80’s e 3) un presente gonfio di rimorsi ma impreziosito da una consapevolezza che permette di parlare di tutto. Dei genitori, degli amori, della Spagna, dei peccati, del sesso, delle paure, persino dei cattivi pensieri. Perché questa è la vita e perché questo è il cinema. Perché Dolor y Gloria è un inno all’arte e alle ossessioni, a quelle piccole malattie di cui proprio non riusciamo a fare a meno.

Dolor y Gloria (2019) - 6/6
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