“La celerità nella presa in carico della vittima rappresenta un passo in avanti”. Lella Palladino, presidente della rete dei centri antiviolenza Dire, commenta su Repubblica i primi risultati di Codice rosso, la legge che tutela le vittime di violenza domestica e di genere entrata in vigore il 9 agosto scorso. Un provvedimento che, oltre all’aumento delle pene, prevede l’obbligo per la polizia giudiziaria di comunicare al magistrato (il pm di turno) le notizie di reato di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate avvenute in famiglia o tra conviventi. E le vittime, secondo le nuove norme, devono essere sentite dal pm entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Il risultato è un boom di segnalazioni alle quali i pm devono fare fronte in tempi strettissimi.

A Milano, scrive il quotidiano, arrivano in media 40 denunce al giorno, a Roma 20, a Napoli 30. Per il procuratore di Genova Francesco Cozzi questi numeri non sono dettati da “un aumento degli episodi”, ma all’effetto della legge: le persone, incoraggiate dalla normativa, “si presentano dai carabinieri e dalla polizia”. Tanti gli aspetti positivi del provvedimento, sottolinea Maria Monteleone, magistrato che coordina il pool antiviolenza di Roma. Vanno dall’introduzione del revenge porn fino “alla possibilità di applicare il braccialetto elettronico al violento cui è imposto di non avvicinarsi alla vittima e al nuovo reato di deformazione dell’aspetto della persona”. Il punto critico però, secondo Monteleone, è il limite dei tre giorni, un termine che reputa “irragionevole” anche perché “non consente una valutazione dell’effettiva necessità dell’atto e rende tutto urgente, e se tutto diventa urgente, nessuno più lo è”.

A creare un sistema per gestire quindi le segnalazioni – visto che in base alla legge, sottolinea Repubblica, un palpeggiamento viene trattato con la stessa rilevanza di un bambino maltrattato in casa – ci ha pensato il procuratore di Tivoli Francesco Menditto che ha applicato uno schema simile al triage del pronto soccorso, diviso tra il rosso per le segnalazioni urgenti e il verde per quelle che possono attendere di più. Oltre a questo, Menditto prima della legge aveva già inviato una circolare “alle forze di polizia con le domande da porre alle vittime per ottenere le informazioni utili al pm per tutelare la donna“. Il procuratore, rispetto al termine dei tre giorni, spiega che “già prima c’era un obbligo di urgenza, ma non sempre era rispettato per la tendenza di tutti a ridimensionare”. Precisa poi che uno dei limiti del sistema è quello di non affrontare “il tema della formazione culturale di tutti gli addetti ai lavori. Un aspetto confermato con altre parole anche da Palladino: “Molte donne continuano a venire uccise perché le forze dell’ordine, ma anche i giudici che esaminano i loro casi, sminuiscono la portata delle violenze – osserva-. O peggio trovano alibi alla colpevolezza degli aggressori, come la follia o la gelosia”. E nel testo della legge “non sono previsti finanziamenti per la formazione delle forze dell’ordine e dei magistrati”.

Il caso di Milano – A venti giorni dall’entrata in vigore, gli uffici della Procura di Milano e, in particolare, quelli dei pm di turno sono stati ‘sommersi’, stando a quanto riferito da fonti giudiziarie, da “una marea” di segnalazioni di presunti abusi, violenze o atti persecutori, giorno dopo giorno. Fatto che ha causato ovviamente alcune “difficoltà” nella gestione di segnalazioni e denunce, con conseguente aumento di fascicoli da seguire. I magistrati, dunque, oltre all’attività più o meno ordinaria dei turni, hanno dovuto incamerare, a qualsiasi ora del giorno e della notte, le segnalazioni con conseguente iscrizione di fascicoli e attività di indagine. Da quanto si è saputo, sia il procuratore capo Francesco Greco che l’aggiunto Letizia Mannella, che guida il pool ‘fasce deboli’, si sono mossi in questi giorni proprio per fare in modo di gestire l’aumento del flusso delle notizie di reato e coordinare al meglio il lavoro di pm e polizia giudiziaria.

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