Luigi Di Maio al Viminale “sarebbe solo il nemico perfetto per Salvini”. Matteo Renzi, intervistato dal Messaggero, dice la sua sulla composizione del nascente governo M5s–Pd. E spiega di non ritenere che il capo politico del Movimento 5 Stelle possa essere l’uomo giusto per il ministero dell’Interno. “Decideranno lui, Zingaretti e Conte”, ma per l’ex premier il suo ruolo sarà “certo non al Viminale, dove occorre un professionista della sicurezza e non un ex vicepremier che non ha esperienza in questo senso e sarebbe solo il nemico perfetto per Salvini“. Del resto per Renzi, che ha trovato “incoraggianti le prime dichiarazioni di Conte” su stop agli aumenti Iva e lotta all’evasione, la discussione sui contenuti “sarà cruciale” ma il fatto che il governo arrivi fino a fine legislatura (2023) “dipenderà dalla qualità dei ministri che saranno scelti”.
“Mi auguro che il premier voglia scegliere i migliori, mettendo in sicurezza soprattutto i dicasteri più delicati a cominciare da Viminale e Tesoro. Salvini aizzerà le piazze contro il governo e al Viminale ci vogliono nervi saldi e un ministro degno di questo nome“, dice l’ex segretario. Che apre, in parte, alla proposta di Beppe Grillo di ministri tecnici: “Chi fa il ministro è sempre politico, mai solo tecnico. Ma mi piace l’idea: scegliere persone di grande qualità. Ad esempio: con Grillo un anno fa ho firmato un documento a favore dei vaccini, predisposto dal professor Burioni. Ecco, mi piacerebbe che alla Sanità andasse uno come Burioni”.
Assicurando che lui starà “fuori” dal governo “e felice”, Renzi rifiuta la domanda su “quali garanzie” offra al suo partito e a Conte che non staccherà la spina al nuovo esecutivo prima del dovuto. “Dopo quello che è accaduto in questo mese – fa sapere – mi aspetterei un grazie, non la richiesta di garanzie. Ho messo la faccia su un’operazione difficilissima per mandare a casa Salvini, che fino a qualche settimana fa sembrava invincibile. L’ho fatto perché il linguaggio e la postura degli ultimi mesi erano assurdi: pieni poteri, la pacchia è finita rivolto a delle donne violentate, le opacità nelle relazioni con la Russia o sui 49 milioni di euro“. Ma, ribadisce ancora una volta, “fermare Salvini mi è costato umanamente molto perché per farlo abbiamo dovuto aprire ai grillini: e io ricordo la colata di fango che ho subito in questi anni tramite fakenews e diffamazioni”.
Nel Pd, sostiene, “è unità vera. Faticosa, ma vera. Abbiamo messo da parte le discussioni interne”. Ma sulla scelta del suo ex ministro e successore a Palazzo Chigi Paolo Gentiloni come commissario europeo è freddo: “Credo che farebbe benissimo come commissario. Ma come lui ce ne sono altri. Pensi solo a uno con il profilo di Graziano Delrio, convinto europeista e orgoglioso protagonista del recupero dei fondi europei e dei corridoi continentali”. Quanto all’uscita di Calenda, “Carlo è andato via da solo e tale resterà anche in futuro. Non sta aprendo la strada a me, almeno. Sono orgoglioso di aver scelto Calenda come collaboratore, ambasciatore, ministro e di averlo sostenuto durante la sua campagna elettorale: è stato un ottimo tecnico. Rispetto la sua opinione, oggi, pur non condividendola. Mandare a casa Salvini, per me, era fondamentale. E non si va a votare solo perché così hanno deciso al Papeete: il Parlamento è più importante del beach club”.