Alla vigilia del tredicesimo fine settimana di proteste a Hong Kong, la marcia prevista per sabato è stata annullata. La decisione è stata presa dopo l’arresto di otto attivisti, due dei quali poi liberati su cauzione, ma a cui continuano ad aggiungersi nuovi arresti, anche di politici e deputati locali. Le persone finite in manette nelle ultime ventiquattro ore fanno parte del movimento pro-democrazia, che da mesi lotta contro il progetto di legge, ora sospeso, che autorizzerebbe le estradizioni verso la Cina. Una battaglia che è diventata, nelle settimane di mobilitazioni che hanno coinvolto migliaia di persone, una battaglia più ampia per la democrazia nell’ex colonia britannica e che si sta scontrando con un livello di violenza sempre più alto: gli attivisti sono sempre più preoccupati che la Cina possa usare la forza militare per reprimere il movimento.

È questo il motivo per cui il movimento Civil Human Rights Front ha annunciato che rinuncerà all’iniziativa di sabato in assenza di autorizzazioni da parte della polizia, che ha vietato il corteo a causa dei timori “per la sicurezza” e delle “distruzioni su larga scala”. “La priorità è sempre proteggere i manifestanti e garantire che non ci siano conseguenze per loro a livello legale”, quindi “non c’è altra scelta che annullare” la marcia prevista per domani, spiega Bonnie Leung, della coalizione pro-democrazia. Anche se, per molti, le persone scenderanno in piazza nonostante il divieto: “Possono vietare le manifestazioni o meno, arrestarmi o no, ma la gente di Hong Kong scenderà in strada”, ha detto Joshua Wong, uno dei leader delle proteste arrestato e liberato poche ore dopo su cauzione. In serata sono stati arrestati altri due deputati Au Nok-hin e Jeremy Tam, per il sospetto di ostruzione all’attività della polizia: Au in particolare è stato accusato di aver assalito un agente, nel resoconto dei media locali.

Joshua Wong e di Agnes Chow sono i segretari del partito Demosisto, che difende l’autodeterminazione per Hong Kong. Entrambi, come riporta la Bbc, sono accusati di “aver fomentato altre persone affinché partecipassero a un raduno non autorizzato” e di aver “deliberatamente preso parte a un’assemblea illegale”. Wong è anche accusato di aver “organizzato un incontro non autorizzato”.

Secondo il quotidiano inglese, le accuse nei confronti dei due attivisti nascono dalla protesta del 21 giugno quando migliaia di persone circondarono il quartier generale della polizia nell’ex colonia britannica. Wong e Chow sono poi stati liberati su cauzione, ma a entrambi è stato disposto il divieto di “circolazione” tra le 23 e le 7 e il divieto di ingresso nell’area dell’Admiralty, il centro dell’ex colonia dove si sono tenute le più grandi mobilitazioni contro la legge sulle estradizioni. “Hong Kong non può essere governato con i gas lacrimogeni”, ha detto Wong poco dopo essere liberato.

Chow ha poi parlato di “terrore bianco“, espressione usata per gli arresti di dissidenti nel 1949 a Taiwan, cui seguì l’imposizione della legge marziale da parte del partito nazionalista Kuomitang al potere, revocata solo nel 1987: “Vediamo chiaramente che il regime (cinese) e il governo di Hong Kong – ha affermato – stanno cercando di scatenare un terrore bianco per cercare di spaventare la gente, in modo che non partecipi al movimento democratico“.

In manette anche Andy Chan, leader del Partito nazionale, fermato ieri sera all’aeroporto internazionale di Hong Kong da dove stava cercando di partire alla volta del Giappone. La polizia di Hong Kong ha confermato che è accusato di violenze, anche contro gli agenti. Nel pomeriggio, ora locale, di venerdì sono state arrestate poi altre figure di primo piano del movimento per la democrazia: a finire in manette sono stati il consigliere di distretto Rick Hui e il deputato locale Cheng Chung-tai, riferiscono loro collaboratori senza fornire altre dettagli. I due sarebbero stati arrestati per aver partecipato alle proteste anti governative.

È stata arrestata anche una delle leader degli studenti, Althea Suen, secondo quanto appare in un post scritto da altri sulla sua pagina Facebook. L’arresto è legato all’irruzione di manifestanti in parlamento lo scorso primo luglio. Da giugno sono circa 900 le persone finite in manette durante le proteste. Nei giorni scorsi il consigliere di Stato e capo della diplomazia di Pechino, Wang Yi, ha descritto la crisi a Hong Kong come la “più grave dalla riunificazione”, dal 1997 da quando l’ex colonia britannica è tornata sotto la sovranità della Repubblica Popolare Cinese.

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