Il regista fra i più talentuosi cineasti della sua generazione e non solo, dopo aver commosso la platea veneziana – dove concorreva nel 2016 con Jackie - torna ad osservare il mondo dal punto di vista femminile
Da un semaforo incendiato nel cuore della città a una famiglia magnificamente disfunzionale. Il percorso è audace, quasi folle, di certo imprevedibile e si chiama Ema. Nome e titolo del settimo lungometraggio del cileno Pablo Larraìn, fra i più talentuosi cineasti della sua generazione e non solo che, dopo aver commosso la platea veneziana – dove concorreva nel 2016 con Jackie – torna ad osservare il mondo dal punto di vista femminile. Ma certamente la compianta first lady non potrebbe essere più distante da questa giovanissima danzatrice che passa il suo tempo libero fra le strade di Valparaiso a ritmo di Reggaeton. Ema, interpretata dall’esordiente e strepitosa Mariana Di Girolamo, è una forza della natura “è il Sole che richiama tutti a sé ma se ti avvicini troppo rischi di bruciarti” commenta il 43 regista di Santiago del Cile che non smette mai di cedere a nuove sfide cinematografiche, sia formali che tematiche.
Al centro della storia è infatti la coppia formata da Ema e dal suo coreografo e marito Gastòn (Gael Garcia Bernal) che dopo aver adottato il piccolo Polo rinunciano a lui e lo “restituiscono” alla struttura che gliel’aveva affidato. Sono trascorsi degli anni, la coppia nutre il senso di colpa per aver “cacciato” il bimbo, ma non tutto – evidentemente – è perduto. “Dal 2010 al 2015, ben 53 adozioni fatte da famiglie cilene sono fallite: non stiamo parlando di un’altra galassia ma di un dato reale del nostro tempo, e la realtà di questi fallimenti è enorme almeno quanto il trauma delle famiglie che lo provocano ma anche subiscono. Abbiamo tentato di mostrare questo trauma nel film: Ema e Gastòn si amano ma hanno la necessità di capire cosa hanno fatto e “si sono fatti”, loro si sentono giudicati sia dall’esterno che da loro stessi”.
Ma chi si immagina di vedere in Ema un dramma famigliare si sbaglia: l’opera si offre al pubblico quasi fosse un’esplosiva e travolgente jam session di Reggaeton, vivacemente coreografata e danzata, con luci coloratissime, scene di sesso senza distinzione di genere, sguardi di tenerezza e di seduzione, panoramiche da una Valparaiso work in progress come la coscienza in formazione dei giovani protagonisti. Montata benissimo dal sodale Sebastian Sepulveda, Ema traduce sullo schermo il “caos” dei ragazzi contemporanei e Larrain ammette che “facendo il film ho imparato molto in termini di etica ed estetica della gioventù di oggi che sa assumersi delle responsabilità benché viva attorno a Spotify da cui scarica – almeno in America Latina – quasi esclusivamente Reggaeton! Per questo l’ho utilizzato nel film che procede al loro ritmo”.
Ed è con quel ritmo che la vita di Ema diventa sintomatica: la danzatrice biondo-platino non si pone limiti rispetto ai suoi obiettivi e sa che per raggiungerli dovrà soffrire. Ma è un’eroina dei nostri tempi, e col suo lanciafiamme da novella Daeneris incendia corpi, anime e cuori. Grande film sul corpo, sulla danza, sulla musica, sulle relazioni, sulle nuove possibilità del “vocabolo” famiglia, ma anche sul senso di colpa, Ema è un’esperienza cinematografica da cui non si vorrebbe uscire mai. Sarà prossimamente nelle sale italiane grazie a Movies Inspired, coraggioso distributore dedicato al cinema di qualità.