Scritto da un trittico d’autori/sceneggiatori d.o.c. (e amici fraterni da sempre) formato dalla stessa Archibugi, Paolo Virzì e Francesco Piccolo, il film mette al centro la coralità di una famiglia allargata con papà Luca (un bravo Adriano Giannini) che ha due figli da donne diverse
“Love Is All You Need” cantavano i Beatles e onde non scordarselo, ecco un poster ben inquadrato su una parete di casa Attorre. Perché ciò di cui Susi, Luca e la loro piccola Lucilla hanno bisogno è solo, unicamente ed esclusivamente l’amore. Niente di meno e niente di più, ma soprattutto nulla di diverso sugli schermi del dramedy all’italiana 2.0 come si impara dalla visione di Vivere di Francesca Archibugi. “Un titolo talmente enorme che diventa piccolo”, spiega la regista romana. Perché “vivere è l’epica del quotidiano”.
Scritto da un trittico d’autori/sceneggiatori d.o.c. (e amici fraterni da sempre) formato dalla stessa Archibugi, Paolo Virzì e Francesco Piccolo, il film mette al centro la coralità di una famiglia allargata con papà Luca (un bravo Adriano Giannini) che ha due figli da donne diverse: da una parte Lucilla, affetta da grave asma cronico, avuta con l’attuale compagna Susi (Micaela Ramazzotti), dall’altra l’adolescente Pierpaolo (Andrea Calligari) avuto con l’ex moglie Azzurra (Valentina Cervi). A parte la comunanza genetica dell’uomo, giornalista freelance troppo incline alla seduzione “purché sia donna”, i due nuclei famigliari non potrebbero esser più distanti.
Commedia su tutti gli umani bisogni del mondo (dell’ascolto, della comunicazione relazionale, dell’attenzione, dell’accettazione reciproca, del semplice “esser visto”..) Vivere prende le difese di donne e uomini accomunati dall’umana sorte e tuttavia il punto di vista è nettamente – e giustamente – femminile. A tal proposito Archibugi non perde l’occasione per individuare due ordini di problematiche legati alla condizione della donna nel mondo del cinema: “Da una parte c’è quella strutturale che prevede gerarchie di potere e lì è difficile trovare posizioni senza modifiche profonde, dall’altra c’è quella legata a un discorso di estetica. Mi riferisco al fatto che i film delle donne sono sempre considerati più brutti e le registe meno brave dei loro colleghi uomini. Su questa problematica sono pronta a lottare perché nasce da qualcosa di profondamente sedimentato nella cultura, qualcosa di antropologico che va distrutto. Servirebbe un nuovo Kant a scrivere Critica della ragion cinematografica”. Vivere sarà nelle sale dal 26 settembre per 01 Distribution.