L’eroe nazionale Yanis Varoufakis e il traditore Alexis Tsipras. Con Bce, Fmi, e Commissione Europea a fare la parte degli aguzzini. Il regista greco Costa-Gavras non ci va troppo per il sottile. Nel suo Adults in the room, Fuori Concorso a Venezia 76, l’86enne autore del celebre Z- L’orgia del potere, dà un’altra lucida zampata politica alla sua lunga carriera di fustigatore di ingiustizie storiche subite dal popolo greco. E a suo modo mette in guardia anche gli altri PIIGS che potrebbero in futuro sgarrare dinnanzi alla troika. Lo spunto è il libro omonimo del belloccio ex ministro delle finanze ellenico, dimessosi dal governo di Syriza dopo il voltafaccia del premier Tsipras, suo fraterno amico e compagno di governo. Molti ricorderanno quei nove/dieci mesi di passione dopo che Syriza, il neo partito di sinistra radicale, nel gennaio 2015, aveva vinto le elezioni con un programma di fortissima opposizione al piano draconiano di rientro del debito imposto dall’Eurozona.
Seguendo fatti storici realmente accaduti, almeno secondo il libro/diario di Varoufakis, Costa-Gavras ricostruisce la cronistoria di incontri al vertice, riunioni, sedute, e soprattutto scontri, tra gli altri, fra il ministro delle finanze greco e il suo omologo tedesco, Wolfgang Schauble. Zainetto in spalla, giubbotto di pelle, e l’ordine di vendere le lussuose macchine tedesche ministeriali per comprarne di meno costose, Varoufakis (nel film interpretato da Christos Loulis) inizia la sua stagione lampo da ministro che durerà nove mesi, provando a svellere le convinzioni della compagnia cantante europea: Banca Centrale, Fondo Monetario, ma soprattutto gli ostili ministri delle finanze dell’Eurogruppo riuniti attorno alla Commissione. In soldoni: basta tagli allo stato sociale e alle pensioni. Basta innalzamento delle tasse per i meno abbienti e imposizione di privatizzazioni di beni pubblici dello stato greco. Varoufakis chiede di rinegoziare il debito perché altrimenti ulteriore austerity creerebbe altro debito. Dall’altra parte Schauble e colleghi però non cedono di un millimetro. E il balletto continua per mesi.
Un po’ Alice nel paese delle meraviglie, un po’ Chance il giardiniere, il Varou di Costa-Gavras ci mette tutta la sua brillante dose di comunicatore, oltreché di economista keynesiano, per difendere il popolo greco da un’ulteriore macelleria sociale. L’ostinazione con cui cerca di inserire il termine “crisi umanitaria greca” nell’accordo con gli alti papaveri europei, e che loro rifiutano sistematicamente di fare, è il sintomo della grande farsa del potere a cui Varoufakis ha assistito e che il film ci mostra con candore. Il re è nudo. La finanza ha sovrastato la politica. E in questo caso, come Varoufakis afferma più volte davanti a Draghi, alla Lagarde, a Moscovici e Juncker, ha cancellato il volere popolare. Il ministro greco cerca accordi nella City londinese, prova a convincere il suo omologo francese, spalleggia il premier Tsipras che dice di essere sempre al telefono o d’accordo con Angela (Merkel ndr).
Il tentennamento però si conclude quando al referendum del 5 luglio 2015 tre milioni e mezzo di greci (il 61% ndr) dice No alla firma del piano europeo sul debito e Tsipras, andando anch’esso contro il “volere popolare”, si accorda lo stesso per un nuovo piano di austerity lacrime e sangue dando via libera ai temibili funzionari della troika (“dei gran fanatici perché economisti mediocri”) e alle dimissioni di Varoufakis. Costa-Gavras mette in scena un teatro dell’assurdo zeppo di marionette, doppio speculare della realtà storica e di cronaca, evitando ogni possibile drammaturgia più intimista (c’è giusto la nostra Golino, che recita in greco, per qualche intermezzo da moglie di Varoufakis) e facendo ironicamente sbucare tanti piccoli sosia dei politici reali che sbraitano grottescamente come ossessi (appare anche un Macron ancora ministro, già figuro mellifluo). La morale della favola è che Varoufakis e Costa-Gavras hanno detto “cose di sinistra”, ma nell’orizzonte partitico europeo non sembrano esserci più partiti di sinistra a dirle. Quegli “adulti” che mancano, appunto, nella “stanza” del potere.