Suoi i ruoli di Mary Poppins e quello Maria Von Trapp in Tutti insieme appassionatamente. L'attrice dopo la premiazione ha rivolto un appello ai giovani cineasti: "Rimanete fedeli ai vostri sogni e alla vostra visione, le gratificazioni in questo modo saranno incomparabili"
Non solo Mary Poppins o Maria Von Trapp di Tutti insieme appassionatamente. Ma “una carriera straordinaria che ha saputo ammirevolmente conciliare il successo popolare e le ambizioni artistiche senza mai scendere a facili compromessi”. Così recita la motivazione del presidente della Biennale Paolo Baratta e del direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia Alberto Barbera per il Leone d’oro alla Carriera a Julie Andrews, volto popolare del family movie per eccellenza in un periodo in cui – parliamo di metà anni ’60 – conciliare gli animi era percepito “necessario” vista la sovversione a regnare sovrana nelle strade d’Europa e degli USA.
Ricevendo il premio tra gli applausi l’attrice ha definito la kermesse di Venezia, “il più importante festival di cinema al mondo” ed ha poi accennato due brevi passaggi della “Traviata”. “Ancora mi meraviglio, sono stata una ragazza fortunata che ha potuto recitare ruoli bellissimi”, ha detto la Andrews, sottolineando poi il ruolo del cinema “che unisce tutti”. L’attrice ha poi voluto rivolgere un appello ai giovani cineasti di oggi: “Chiedo loro di rimanere fedeli ai loro sogni e alla loro visione, le gratificazioni in questo modo saranno incomparabili. E ringrazio i pubblici di tutto il mondo, con la loro passione per il cinema rendono ancora tutto questo possibile, il loro supporto continuo tiene viva la luce sullo schermo”, ha concluso.
Ed è stato Luca Guadagnino, visibilmente onorato per questo incarico, a dedicarle un tributo, commosso e partecipato: “Julie è una specialista nell’arte della vita, e per questo io la celebro qui con voi”.
Già “signora Blake Edwards” per un sodalizio coniugale e professionale di lunga data (7 film e 5 figli insieme), la britannica Andrews ha trascorso gran parte della sua vita calcando i teatri londinesi e di Broadway: ruoli classici ma soprattutto musicali quelli in cui era reclutata grazie a una voce fuori dal comune. Per questa sua magnifica estensione vocale Walt Disney la recluta 30enne nel ruolo di Mary Poppins nel 1964, il film che più di tutti gli altri il geniale papà di Topolino ha lottato per realizzare. E il trionfo arriva istantaneo: Golden Globe, Oscar e soprattutto l’entrata irreversibile nell’immaginario collettivo per la celebre bambinaia magica creata dalla penna di Pamela Lyndon Travers. Il rafforzamento della politically correctness di quegli anni di Julie arriva l’anno successivo con l’altro grande cult, The Sound of Music (Tutti insieme appassionatamente) di Robert Wise in cui il coraggio della novizia Maria Von Trapp diventa il simbolo della resistenza (femminile) contro le brutalità della guerra, in quel caso dei nazisti. Ma, Julie Andrews – all’anagrafe Julia Elizabeth Wells – non si è mai seduta sulle poltrone della rassicurazione di ruoli accomodanti. Eccone uno esemplare, che sintetizza nel 1982, la sua capacità vocale a quella trasformista: Victor Victoria diretto dal marito Blake Edwards. Nel film, scelto dalla Mostra come proiezione post premiazione, l’attrice recita il ruolo di Victoria, una giovane cantante senza lavoro nella Francia occupata che per trovare un impiego deve camuffarsi da Victor, una sorta di alter ego maschile e omosessuale. L’opera sancisce un rinnovato successo personale per la Andrews che, da enfant prodige e poi attrice più pagata degli anni Sessanta a Hollywood, diventa un’eroina dell’uguaglianza di genere ante litteram. Attivista su vari fronti, la grande artista britannica è tuttora un esempio di integrità e talento incorrotti.