La scuola c’è ma mancano gli alunni. È quello che accade ad Accumoli, 616 abitanti in provincia di Rieti. La procedura d’urgenza dopo il terremoto e la consegna dell’impianto prevista per il 2017 non sono state rispettate e così le famiglie hanno deciso di iscrivere i figli altrove, lasciando di fatto la scuola chiusa. Ancora non è stata inaugurata, ma è già certo che i 22 bambini di Accumoli non ci sono più. E quindi sarà impossibile tra qualche giorno far suonare la prima campanella.

A raccontare la vicenda è la sindaca Franca D’Angeli, desolata per quanto accaduto: “Purtroppo la scuola è stata consegnata con un anno di ritardo. Avevamo una primaria e una scuola dell’infanzia formata da due pluriclassi prima del terremoto. Con il sisma la maggior parte delle famiglie si sono trasferite sul litorale; quando sono rientrate in paese la scuola era in costruzione”. A quel punto alcuni bambini hanno deciso d’iscriversi a Borgo d’Arquata, altri, cinque o sei, sono stati accolti in una struttura provvisoria. Ma, aggiunge D’Angeli, “nel 2018 la scuola non è stata consegnata e così si sono trasferiti tutti a Borgo D’Arquata”.

Così ora la sindaca si ritrova con una scuola nuova, accogliente ma vuota: “Abbiamo convocato i genitori ma ci hanno risposto quello che ci aspettavamo: ci hanno detto che i bambini sono già inseriti in un altro contesto, hanno già subito un trasferimento e non c’è motivo perché ne subiscano un altro. Abbiamo fatto due riunioni anche con l’assessore all’Istruzione della Regione Lazio, ma l’esito è stato negativo”.

Accumoli aveva già prima del terremoto – che qui ha ucciso 11 persone, di cui tre bambini – un problema di spopolamento. E il ricordo di quelle scosse che colpirono il Centro Italia sono ancora vive nella memoria dei cittadini. Lo sa bene la sindaca D’Angeli che faceva l’insegnante e che ha dovuto misurarsi con la tragedia da spiegare ai bambini. L’assenza di una scuola, ad avviso della prima cittadina, non farà altro che rendere il paese più povero: “Un paese senza scuola ha dei problemi. L’unica speranza che ho è quella di tener aperto questo edificio per altri usi. Non voglio assolutamente che diventi una di quelle strutture inutilizzate”.

Così D’Angeli ha iniziato a immaginare a come rendere viva la non-scuola: “Vorremmo che questa struttura fosse lasciata alla sua vocazione ovvero quella dell’educazione, della formazione. Penso che potrebbe diventare una scuola professionale spendibile su tutto il territorio”. Il target pensato dalla sindaca è quello dei più giovani: “Un modo per attrarre i ragazzi che finiscono le scuole medie. Un luogo che possa fare da ponte tra il mondo dell’istruzione e quello lavorativo in modo da creare anche un ripopolamento della zona che sembra essere destinata a diventare un paese per vecchi. Una sfida che l’amministrazione intende affrontare con tutto il territorio”.

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