Attualità

Vasco Rossi contro Gianluigi Paragone: “Giù le mani dalle mie canzoni. Non autorizzo a usarle per fini politici”

Il cantante attacca senza citarlo il senatore M5s che in un video su Facebook ha usato la sua "C'è chi dice no" per annunciare la sua contrarietà al governo Pd-5 Stelle. "Che imparino a usare parole originali loro e a non strumentalizzare la musica", ha scritto su Instagram il Blasco rivolgendosi ai politici

di F. Q.

“C’è chi dice no lo dico io: i politici devono mettere giù le mani dalle mie canzoni!”. Vasco Rossi in un post su Instagram lo dice chiaramente: non si strumentalizzino i suoi pezzi per questioni politiche. Un riferimento diretto al senatore del Movimento 5 Stelle Gianluigi Paragone, che oggi in un video ha usato il pezzo del Blasco per anticipare il suo “no” al quesito sul governo giallorosso che sarà sottoposto agli iscritti sulla piattaforma Rousseau. “Che imparino a usare parole originali loro e a non strumentalizzare la musica!! C’è chi usa le mie canzoni – ha continuato Vasco – per le sue campagne politiche e di opinione… voglio sia chiaro che io non autorizzo nessuno a farlo e per quello che mi è possibile cerco di impedirlo! tanto meno si può pensare che io sia d’accordo con le opinioni di chi usa le mia musica per chiarire le sue idee confuse!!”.

Il post su Instagram è la risposta diretta al video di Paragone che, anticipando il voto contrario, ha ribadito di non volersi vendere “a un partito ipocrita”. Una posizione che aveva già espresso il 29 agosto attraverso un’altra canzone, “In fila per tre” di Edoardo Bennato. In un video ascoltava il brano e diceva sarcastico: “Non cominciate a dire che esiste anche ‘C’è chi dice no’. Poi magari all’economia ti metteranno quelli provenienti da Bankitalia o che erano già dentro al Mef e avevano già scritto tutto negli anni precedenti e che noi avevamo contestato. I giornali già dicono che siamo bravi, responsabili, che siamo diventati civili come loro. Basta ‘vaffa’ adesso siamo civili, forse noi civilizzeremo loro, chissà, chissà…”

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