Sradicamento, identità, famiglia, viaggio, cultura, frontiere e un’ancora di salvezza: la memoria. Moltiplicando tutto per due si ottiene la vita di Pasquale “Tony Driver” Donatone, anti-eroe Bigger than Life, e protagonista oggi alla Settimana Internazionale della Critica dell’unico concorrente italiano della sezione autonoma creata dal SNCCI (Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani). Diretto dall’esordiente Ascanio Petrini, Tony Driver va ben oltre il documentario classico, intersecando generi (il western, la commedia, il biopic, il road movie..) e facendosi carico di un’umanità dolente e nostalgica quale quella di un uomo vittima di un gigantesco paradosso: un figlio di italiani cresciuto fin da piccolo negli States viene estradato in Italia dove non ha mai vissuto a seguito di un reato (peraltro umanitario…).
Nel Belpaese è rispedito giacché ancora cittadino italiano essendosi dimenticato di assumere la cittadinanza americana di cui aveva diritto; è quindi costretto a vivere per 10 anni senza attenuanti prima di tentare di far rientro negli Usa, che tuttavia egli considera quale la sua vera patria. Così si è adattato ad abitare in una specie di grotta presso la pugliese Polignano a Mare dove il regista Petrini ha sentito parlare di lui, l’ha incontrato e deciso di realizzare un film sulla sua incredibile storia.
“Lo spunto della straordinaria e paradossale vicenda di Pasquale mi ha offerto l’occasione di elaborare un racconto sul valore della Memoria il più possibile scevro da retorica; è la storia di uno sradicato dalla sua casa, dalla sua famiglia, dalla sua “cultura” a causa di un vizio burocratico”. In lui Petrini ha visto una sorta di novello Travis Bickle non solo per la professione di autista ma anche per esser cresciuto come l’antieroe di Scorsese nell’America degli anni ’70, e quindi “mi è venuto naturale intitolare il film Tony Driver omaggiando il capolavoro di Scorsese”. Da parte sua, Pasquale è un uomo ormai rassegnato che si alimenta dell’attesa di rientrare negli Stati Uniti, mancandogli ancora 3 anni di “pena” da scontare in Italia.
“Penso in inglese, mangio pancakes a colazione, ascolto radio e tv in inglese, la mia struttura mentale è americana.. con l’Italia non c’entro nulla ma sono costretto a stare qui, e mi sento diviso, isolato e solo come se non appartenessi né all’una né all’altra terra”. Forzatamente “apolide dentro”, Pasquale/Tony trova forza nella speranza di rivedere presto la sua famiglia, avendo due figli da una moglie separata, consapevole che dovesse tentare – come bene il documentario ci mostra – una via d’entrata clandestina attraverso il Messico sarebbe anche peggio.
Piccolo film dal cuore grande, Tony Driver è una parabola senza epica e senza eroi che si fa gesto esemplare nel suo raccontare un universo di raminghi sradicati da loro stessi, vittime di ingiustizie di forma svuotate da possibili contenuti. E grazie alla sensibilità di Ascanio Petrini è diventato anche un film metonimico del nostro Occidente, puntellato da muri ottusi e barriere feroci. In tal senso fondamentali e fondative sono le domande aperte da Tony Driver perché mettono in discussione i grandi temi della contemporaneità: dalla fragilità dei diritti civili e umani al senso di appartenenza a un popolo e a una cultura fino alla stessa negazione dell’identità. Il film uscirà prossimamente nelle nostre sale con Wanted Cinema.